giovedì 9 marzo 2017

BERLUSKONI’S KARMA (KISS KISS GOOD-BYE)


BERLUSKONI’S KARMA
KISS KISS GOOD-BYE

Non ce l’ho fatta. Mi ero ripromesso di postare il prossimo articolo tra una settimana, ma la foto di Berlusconi solo soletto da McDonald’s il giorno della Festa della Donna mi ha troppo intrigato. (http://www.larena.it/home/italia/una-spremuta-da-mc-donald-s-per-berlusconi-1.5547521)
Intrigo del potere (ex)? Post-verità? House of Cards? Berlusconi alla frutta (o all’asta)? Namastè alè.
Ed eccovi, olè, freska freska, una rilettura, adattata ai tempi (ma siamo lì), di un mio vecchio post sul Berluska: vecchio (il post, e anche Silvio), ma sempre attuale.
P.S. A proposito del leopardato gattopardesco karmico caimano: Silvio, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieto e pensoso, il limitare di gioventù salivi? 

E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori…
Fra nove minuti il Parker-Morris Building non ci sarà più. Se hai abbastanza gelatina esplosiva e la spalmi ben bene sui pilastri delle fondamenta di una costruzione, puoi tirar giù qualsiasi palazzo al mondo.
Prima la piccola apocalisse (col botto) di Matteo 24, poi il gel di Fight Club. Ma noi continuiamo a pettinare le bambole...

Fermati attimo, sei bello! Cambiamo disco e con Tricarico cantiamo: Venite bambini, venite bambine e ditele che il mondo può essere diverso, tutto può cambiare, la vita può cambiare e può diventare come la vorrai inventare. Ditele che il sole nascerà anche d’inverno…
Ma intanto il Potere continua a drogarsi e drogarci: “Ti versi una bella riga sul dorso della mano. Ti porti la mano al naso e la boccetta ti sfugge e va a cadere con nauseabonda precisione nella tazza. Rimbalza una volta contro la porcellana, poi affonda con un tonfo insolente che sembra il rumore prodotto da una grossissima trota per sputare una minuscola esca finta accuratamente preparata.”   

Da Berluska e Sky, passando per il Jay MacInerney di Le mille luci di New York e il 'trota' (ve lo ricordate il Bossi pischello neo-laureato albanese?) di Le notti a Milano, per arrivare – ultima fermata? – a Noam Chomsky: e qui un attimo di sospirata paresse, un ritorno doce doce a quell’attenzione per il linguaggio che, ossessiva e radicale per Heidegger, è scivolata alla sciattezza di oggi, da “posseduti” del cellulare o da fantini di SUV ingrifati (“… dove ci sono le Range Rover non può esserci una gran sete di conoscenza” – così albeggia, in attesa del ‘grande meriggio’, la Grazia Verasani ‘noir’ di ‘Quo vadis, baby?’).

E poi c’è l’uomo ‘normale’: “aspirato dai suoi pensieri, dai suoi ricordi, dai suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che mangia, dalla sigaretta che fuma, dall’amore che fa, dal bel tempo, dalla pioggia, dall’albero vicino, dalla vettura che passa...” Questo è l’uomo ‘robot’ (ne parla Gurdjieff, ma un po’ tutti ne aspiriamo qualcosa…). E che dire dei tanti pseudo-manager fuma-fuma (anche solo mamme o babbi che portano il pargoletto a scuola) che impazzano per le strade sgommando come folli su SUV ingrifati, quasi dovessero correre a chissà quale appuntamento ‘capitale’. Alla fin fine tutti stressati (e non sto parlando dello stress positivo – l’eustress – quello del primo bacio o della discesa su una pista di sci, e sei uno sciatore provetto, ma del distress: quello che ti logora la vita, ti avvelena l’anima e ti può condurre sul baratro).
Insomma, da una parte l’uomo robotico (moscio o agitato), dall’altra l’uomo comatoso. Sì, lo so, certe cose ci sono sempre state (è nella natura dell’uomo: un po’ in cielo un po’ a terra…), ma il tam tam dei mass-media – puoi avere tutto subito (dal fast food al prestito su misura, fino al fast love) e devi essere ‘così’ (tacco dodici o rasoterra, tutta-tette o filiforme, grasso è bello…) – ha creato l’era dell’ansia: un continuo mordi e fuggi alla ricerca di una soddisfazione effimera e un susseguirsi di copia-e-incolla di modelli mass-mediatici belli ma impossibili. Dall’eccesso d’informazione all’eccesso di attenzione: si è passati dall’epoca delle ‘grandi narrazioni’ a quella del gossip. Basta cliccare e hai tutto in un attimo: qui le ultime news dalla Kamchatka, lì un contatto face to face con il tuo compagno di banco affacciato su Facebook. Ottimo, pure indispensabile, ma con questo volere tutto, poco, maledetto e subito, abbiamo disimparato, non solo a fare i calcoli a mente, ma a sbrogliarcela con le minime difficoltà quotidiane. Un piccolo intoppo e… il mondo ci crolla addosso. Vediamo subito la montagna nella sua immensità: abbiamo perso la capacità di riflettere, fermarci un attimo e scomporre il problema nelle sue componenti più piccole, ognuna facilmente risolvibile, oppure aggirarlo con uno stratagemma. Allora, perché non seguire l’esempio dei cinesi? Se noi vediamo una lunga distanza nella sua interezza (il che ci spaventa), loro, da sempre, sanno che mille miglia cominciano con un solo passo.
(Da Che cos'è la PNL. Come vincere ansia, fobie e dipendenze – Sovera Edizioni Roma)

Torniamo a Chomsky, il “mago della parola”: per molti anni la sua fama è stata legata alle sue teorie linguistiche (che si opponevano allo strutturalismo): la “linguistica trasformazionale” e la “grammatica generativo-trasformazionale” – alla base anche delle teorie del linguaggio (“struttura profonda”, “struttura superficiale”, “mappe del mondo”) della Programmazione NeuroLinguistica (PNL).
Poi Chomsky si è allargato (ha approfondito il senso del linguaggio, della langue, della parole. Anche a me accade, e sembra talvolta che mi contraddica. Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini... per dirla alla Whitman – scherzo... comunque sono anch'io uno della setta dei poeti estinti) e si è dedicato alla stigmatizzazione dell'imperialismo statunitense e alla critica della gestione politica dell'economia e dell'informazione, diventando una sorta di star del contro-pensiero e del pensiero antagonista, un nemico giurato del mainstream dominante, insomma un guru dell’antisistema.
Ecco qui il “‘teorema”’ che Chomsky ha espresso sulla la manipolazione dell’informazione, nella sue deriva più temibile: la disinformazione (tra fake news e post-verità, che, però, spesso, più che dai complottisti provengono da enti governativi – e “amici” – e, talvolta, dagli stessi siti “antibufale” …).

Ecco qui riassunte le dieci “tavole” ‘osé’ di Noam (Chomsky – in the sky with diamonds. O nel mondo senza Sky – non che le altre tivvù siano la bocca della verità), ossia le dieci regole della disinformazione, i dieci comandamenti del potere mediatico (un po’ Orwell un po’ Huxley).
La prima norma è la "strategia della distrazione". Dice Chomsky: «Consiste nel deviare l'attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. È anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell'area della scienza, dell'economia, della psicologia».
Seconda norma è quella che potremmo definire “falso problema/risposta demagogica”: «Si crea un problema, una ‘situazione’ prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desidera far accettare. Ad esempio, si possono lasciar dilagar la violenza urbana e i disordini sociali, oppure creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici».
Terza norma è la gradualizzazione delle soluzioni politiche, e quindi «Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta».
Quarta norma è quella dello spostamento nel tempo: «Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all'idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento».
Quinta norma è il comunicare ai cittadini come fossero bambini. «La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, questa tenderà, con una certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico: come quella di una persona di 12 anni o meno».
La sesta norma è quella che definirei "patemica". «Sfruttare l'emozione – afferma Chomsky – è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette di aprire la porta d’accesso all'inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti».
La settima, è la progettazione e gestione di un'ignoranza diffusa. «La qualità dell'educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall'ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori».
E quest'ultima norma è legata a doppia mandata con l'ottava. Quella che prevede che il pubblico mediatico si convinca che «è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti. E che questi sono valori positivi e condivisibili».
La norma numero nove è quella del "senso di colpa", e quindi: «Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è ribaltamento né rivoluzione, non c'è nessuna possibilità di cambiamento in senso democratico».
L’ultima norma, la numero dieci, è quella che possiamo definire del "doppio binario della conoscenza scientifica". Per Chomsky il vero potere consiste nel conoscere compiutamente i predicati psicobiologici del pubblico (mediante gli assoluti progressi della biologia, della neurobiologia e della psicologia applicata), e «poter confidare sul fatto che i cittadini (scientificamente analfabeti) non siano in grado di conoscere sé stessi».

Insomma, per dirla con un Nicolás Gómez Dávila quanto mai stile Fight Club: I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia.
       

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