domenica 12 febbraio 2012

KABBALAH’S RISING


 KABBALAH’S RISING
Whitney WineHouston

“Noi siamo i figli dei padri ammalati; aquile al tempo di mutar le piume, svolazziamo muti, attoniti, affamati, sull’agonia di un nume.” 
Mi risveglio (è stata solo una fuga di qualche secondo, verso est – è Emilio Praga il pesce-pilota) e mi ritrovo nel blog. Disarcionato, ma con l’arco in mano (e la clava nell’arto fantasma). 
Era da parecchio che non scoccavo i miei dardi. Mi vien da parlare di nichilismo sano e di nichilismo psicopatico, di fondamentalismo codino e di fondamentalismo anarchico. E delle tre ruote della vita: passato, presente, futuro. 
E poi, della messa a fuoco della nostra situazione attuale e della necessità di sfocare il passato (solo quello angoscioso) e rinfocolare il futuro.
Comincio a perdere la cognizione del tempo (profano) e anticipo i tempi (sto in una sorta di estasi, sospeso tra tempo ed eternità).
«L’esperienza normale è l’invisibilità dell’uomo all’uomo…» (qui c’è lo zampino di Ronald Laing, l’’antipsichiatra’, lo sento a pelle, anzi underskin: lui è dentro di me). 
Ma anche la nostra vita ci è invisibile: è un esistere solo sulla carta. Talvolta carta straccia, ma più spesso una pergamena di pelle pregiata. Scriviamoci sopra… col nostro sangue (blu? Sang real? Sacro Graal? Shangri-La? Solo slang... Anche Shakira va bene. Pure Belem. Muy bien).
Mi lecco le dita (l’azzurro è zuccherino). Si preannunzia una settimana vellutata (nel blog il cilicio non tira). 
Mi distraggo un attimo: da lontano arriva l’onda lunga di un treno di note gorgoglianti: il solito gargoyle sfuggito al gorgo ingordo del tempo? No, un cuculo (femmina – il maschio urla… Forse sopporta meno il dolore) che m’informa dell’imminente primavera (ma il ghiaccio cola e la coca tira). 
Riannodo il nodo gordiano dell’attenzione recisa e torno in me. Riprendo l’ascolto. Adda passà ‘a nuttata!



Per di più ho un bisogno elementare di amare in fondo a me,
per di più da troppo tempo non sognavo più…

Doveva essere il giorno dello start dopo un po’ di riposo sabbatico (anche di epoché – di sospensione del giudizio) e invece (o perdippiù – Mina singing), insieme alla ‘rinascita’ mi trovo a confrontarmi con il lutto: c’è il tempo per cantare e quello per piangere. 
Sì, vanità delle vanità, mi riferisco alla mitica Whitney. E pensare che proprio ieri mia figlia mi aveva chiesto che fine avesse fatto il ciddì della Houston… (me l’avevano regalato nel secolo scorso). Time passes by.

I will always love you… You my darling.
Bittersweet memories, that is all I’m taking with me...
So goodbye, please don't cry.    

Sì, Whitney è volata via, bittersweet (e io che pensavo, con l’amaro in bocca ma anche un po’ di zucchero, di scrivere di Monti, non più python – così nell’ultimo post – ma aquila. Se poi aquila dell’Hotel California degli Eagles, questa è un’altra storia – o favola).
E così, lupus in fabula, se ai tempi (ultimi) del berlus-caimano se ne andava Amy Winehouse, ecco che, dopo appena 6/7 mesi, l’11 febbraio (6, 7, 11, lo stesso undici febbraio: tutti numeri, e data, simbolici) – crack ci lascia Whitney Houston, a 48 anni (6 x 8: il primo numero d'uomo o di donna il secondo, l'infinito, numero di Dio, o di Dea). Entrambe, zucchero filato.
E per essere un po’ cifrati, per non dire criptici (ma i tempi sono questi…), fate un po’ di attenzione alle assonanze e dissonanze tra i nomi Winehouse e Whitney Houston: si ripetono il Wine (alcool) e la House (nella Hous di Whitney manca la e ma c’è il ton: gin tonic? E poi la y di Amy viene recuperata nel nome della Houston). 
In ogni caso, entrambe avrebbero fatto impazzire Walt Whitman (e forse Emily Dickinson e Sylvia Plath).

Dai, basta con la Kabbalah spicciola e passiamo a quella seria: uno dei motivi del momentaneo default del blog è, che nel giro di meno di due mesi, ho scritto un ebook sulla Kabbalah di prossima pubblicazione per un prestigioso editore (del campo coaching e dintorni). 
E poi, effetto mistico (mystic river), ho anche avuto, quasi di colpo e di sorpresa, un incarico professionale pluriannuale… (sono ingegnere).  
E si sa, il caso è il vestito che Dio indossa quando non vuol farsi riconoscere... (e noi, babbani come siamo, stentiamo a riconoscerlo. Comunque, facciamo di tutto per benderci gli occhi: la nostra cieca e bieca ossessione per la razionalità ci rende sfacciatamente irrazionali...).

In ogni caso, torniamo a riva: perché la Kabbalah? Caramba, ça va sans dire… È il tempo maturo: il kairos.  
D’altronde, la freccia è quella: prima il ‘freddo’ Freud, poi i sempre più caldi Jung e Assagioli; ora si parla sempre più di Fisica Quantistica e Spiritualità, non solo orientale e New Age, ma anche Sufi, Kabbalah e, hic sunt leones, Cristiana (sdoganata soprattutto dalla PNL di stampo yankee: solo ora da noi è possibile fare qualcosa come il Tredicesimo apostolo! E dire che ci troviamo in quella che dovrebbe essere il faro della Cristianità… Quo vadis. Ma è solo da qualche anno che el pueblo unido riesce ad avere sottomano la Bibbia… Anche se poi quelli che la bazzicano spesso fanno guai!).

OK, stop: solo un assaggino dal mio ebook PNL-cabalistico e chiudo: un semplice promemoria, ma fondamentale se si vuol vivere bene. A dopo per il pasto nudo.

Ecco un promemoria fondamentale per ogni cabalista, ben noto anche a ogni piennellista (scrivilo su un foglio di carta a portata di mano e ogni tanto rileggilo):
1)   Ti imbatti in un ostacolo           
    (accade qualcosa di negativo)
2)  Prendi consapevolezza che il vero nemico non è l’ostacolo,    ma la tua reazione  (non è la realtà a essere ‘negativa’, ma la tua interpretazione)
3)  Blocca il tuo schema ‘reattivo’ (non reagire d’impulso) per   consentire alla ‘Luce’ di entrare  (fatti ‘illuminare’)
4) Da’ modo alla tua natura ‘proattiva’ di esprimersi      (sii proattivo invece che impulsivo o reattivo). Conta fino a  dieci…