giovedì 29 dicembre 2011

MONTI PYTHON


MONTI PYTHON

Pelo e contropelo


Tutto è politica: c’è la polis, c’è il Terzo Polo, ci sono i polli… C’è il pool (dei magistrati) e ci sono le palle (dell’albero).
C’è il Partito du Pilu (PdP) e, un po’ spennato, il PdL. Qualunquemente, il pollo parla di polis, quello sempre con la polo (anche se produce altre marche) parla di Usa e jet, il jet set parla di politica, il Polo Nord e il Polo Sud rischiano di sciogliersi, il PdL sembra ringalluzzirsi… ma tutti restano al palo. Basta con lo scialo, scialla... gialappa! Lap dance, dance, dance…

Monti: python? Si vedrà: il tempo sarà giudice (come per il Berlu). Per il momento tutto striscia (anche le notizie). Dal caimano al pitone c’è stata solo la caduta delle zampe (quelle toccatutto del Berlu-ska). 
Ma la musica non è poi cambiata, o forse sì: dal rock al lento. Ci vorrebbe un po’ di Jazz: Miles Davis, tanto per dire. Finora abbiamo avuto, lupus in fabula, il Miles gloriosus. Meglio, comunque, gli originali, quelli del Plauto latino e del Monty Python british. Comunque, yes sex, siamo italiani…

Stop! L’anno è all’ultimo step: è tempo di saluti e di welcome all’anno nuovo. Un anno tuttifrutti, ne sono certo. Sarà un anno da fine del mondo!

Per chiudere uno stralcio steppenwolf (so che a voi piace la Kultur) da un mio inedito. E che il caos (di quest’anno: un caos calmo) possa partorire la stella danzante (dell’anno che bussa alle porte – che siano di corno o avorio non importa, l’importante è che sia un anno da sogno).

E mi dice che il primo passo per la vita eterna è che devi morire…
«Non moriremo sul serio… Questa non è una morte vera… Non invecchieremo… Saremo leggenda. Questo è il nostro mondo, adesso, il nostro mondo… e quella gente antica è morta.»
Mi sono appena affacciato alla vita, la vera vita, e già devo trarre le conclusioni... Inizio dalla fine. Non la conosco, né mi interessa. Ma mi attizza. Glisso sui particolari (il diavolo si nasconde nei dettagli). La Sapienza mi dice che “la vita degli sciocchi è spiacevole, inquieta, tutta proiettata al futuro.”  Ho cercato Sofia e ho trovato Diana (e Dio? Nicchia).
Se sapessi come va a finire questa storia, sarei più che felice di essere già morto e in Paradiso… Forse diventeremo leggenda, forse no. No, dico io, ma aspetta… Che cosa sarebbe Gesù se nessuno avesse scritto i Vangeli?
Non posso aspettare. E poi sono qui, con Diana e le altre (gli altri sono un dippiù). E se sono qui è perché devo andare di là. L’oltre mi aspetta. Ma è qui tra di noi. È dentro di noi… Conosco la mia sorte. Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa… Saremo leggenda.
Tre settimane senza dormire. Tre settimane senza sonno e tutto diventa un’esperienza extracorporea. Il mio dottore ha detto: «L’insonnia è solo il sintomo di qualcosa di più importante. Scopri che cos’è che non funziona davvero. Ascolta il tuo corpo.»
Resto in ascolto (Come back in one piece di Aalyah ft DMX accompagna tutta la cavalcata. Che valchiria Diana…). Sento ogni fremito e ogni sospiro di ogni mio membro. A pelle, underskin (io Apollo ft Diana). Miro nel deserto, cerco i miraggi, diserto le ombre. Cavalco le onde (io Dioniso vs Nettuno). Mi rimiro in specchi d’ambra. Sono lucido come mai prima. Chiaroveggente. Come mai domani (allora vedrò viso a viso).
È adesso che mi metto a piangere. Piangere è facile nel buio soffocante, quando vedi che tutto quello che riuscirai mai a combinare finirà in spazzatura. Tutto quello di cui potrai mai andare fiero finirà buttato via.
Sono pronto a raccogliere i pezzi. Li ricomporrò uno a uno. Ne farò opera nuova. Del resto, oggi è l’ultimo giorno della mia vecchia vita.

venerdì 11 novembre 2011

11/11/11 L’asino che vola (Berluska in the sky with demons)

11/11/11
L’ASINO CHE VOLA
(Berluska in the sky with demons)

“Questo venerdì al lavoro mi addormento sulla scrivania. Quando mi sveglio con la faccia e le braccia incrociate sulla scrivania, il telefono sta squillando e non c’è più nessuno. Un telefono squillava nel mio sogno e non è chiaro se la realtà si è infilata nel mio sogno o se il mio sogno è scivolato nella realtà.”
Non posso aspettare until the end of time: sono un fighter… (così ho de-ciso). Sogno o son desto: l’importante è seguire il corso degli avvenimenti, cavalcarlo – prima o poi sarei stato uno degli anelli della collana degli eventi appesa al collo della Storia (girogola: la ‘piccola’ Storia; collier: la ‘grande’ Storia. Ma io preferisco il bracciale: il Mito).
Sta per iniziare una grande storia? Boh, quella del Berluska (da “in the sky with diamonds” a “in the skiff with demons…”) è una storia finita in schifo tra storielle e trotelle. Prima il ‘drago’, un po’ drudo un po’ grullo, poi un odor di Draghi; ora, calate le braghe, dai laghi a Monti, glissando su Tremonti. Terribile et tremendum…
Cominciavo ad averne le tasche piene… Sono almeno due mesi che aspetto: non reggo più… “Nessuna società umana resisterebbe a due mesi di verità.” Figuriamoci io, che sono solo e cerco il ‘vero’ nascosto dietro il ‘velo’! Céline, che gran brutto Natale… si avvicina: fiacco e senza fiocchi: meno male che a riscaldarmi, una pasqua, c’è l’arpeggiante sound-track e gli unforgettable calligrafici fotogrammi de L'amant di Jean-Jacques Annaud (la quindicenne yin che, avvinta d’amour fou, a fior di labbra bacia, per pochi infiniti attimi di tempo immortale, il vetro che nulla può contro la congelata irruenza del fumigante virtuale bacio all’amante – il suo più maturo yang, che, in pieno deliquio e in preda a trattenuto delirio, sospeso nell’animo e diacciamente fremente nel corpo l’aspetta, trepido, al tiepido di una fredda nerolucida berlina d’antan). Ma un giorno qualcosa accadrà. Forse oggi stesso, giorno palindromo: 11/11/11. Dite con me: trentatré….
“Sofia sbirciò nella cassetta delle lettere mentre apriva il cancelletto del giardino. Di solito c’era una gran quantità di volantini pubblicitari e alcune grosse buste per sua madre … Talvolta c’era qualche lettera della banca, indirizzata a suo padre … Quel giorno c’era soltanto una lettera minuscola, ed era per Sofia…” Apro la cassetta del piccì e, senza allontanarmi dal mio mondo di Sofia, tiro fuori il foglio. Anonimo. Lo leggo: c’è la risposta a tutti i miei perché. Domani è un altro giorno. Mettiamoci d’impegno sin d’ora: non vi dico di più, se non che qualcosa sta per accadere nelle vostre vite. L’importante è mettersi ai blocchi di partenza, sentire la chiamata, accettarla, varcare la soglia, trovare gli angeli custodi, affrontare i demòni, tirar fuori il proprio dèmone (i propri talenti – Bossi li chiamerebbe in altro modo) e amplificarli, attendere la trasformazione e tornare a  casa con i doni.
Il computer è il mio specchio (ma solo da quando scrivo: cento colpi di penna…). Riflette le mie parole (quelle bianche), assorbe quelle nere. E le conserva sotto vetro. Custodisce i miei segreti, anche l’assenzio delle parole assenti e dei silenzi presenti (che decodifica, reinterpreta, glossa – qualche volta glissa. Ma attenti al veleno…). Miele e glassa, il piccì sfama il mio ingordo spirito appetitivo, gonfia il mio fiume diluviale, sollecita solletica la mia gradiente cerca di fama. Alimenta la fiamma, enfia il rio in piena, dà fiato alle amazzoni, ne scapezzola il ridondante turgore. E pensare che il computer non m’infiamma…
M’infuoca, però, la parola. La parola creatrice, non quella creata, il fiat non il flatus vocis. Sono un avec-papier (specie ora che il mio avatar mi ha preso in capite et membris). A rischio di espulsione (ed esplosione). Estradato dalla massa, immesso nella scia delle future miriadi – ma da monade (al massimo, una diade, un’ambra driade.– la triade teniamola in stand-by; quanto al monaco, un po’ monco, ultimamente, lo ero. Ma preferisco la quarta via). Non sono più solo… Qualcuno si è affacciato! Estraggo dal computer la busta, la disuggello, trovo il sigillo…
Spacchetto e sbuca la perla. Unica. La metto in bocca, la umetto, non la mastico. Rimastico nella mente: ogni libro è un fatto – drammatico, conflittuale, polemico. Ogni sua parola insensibile è un flocculo sedimentato di quotidiana rutinaria sopravvivenza. E le sue parole sensibili? Morule, embrioni di future miriadi, angeli sparsi in cerca di paradisi possibili. Nel loro mesto affanno, nella loro cronica temporalità, le parole insensibili sono una giustificazione del dato modesto, l’unico risultato della propria esistenza; lì dove le parole sensibili, le perle, nella loro acronica intemporalità, luccicano, brillano, mirano (al)l’ignoto, (al)l’inconoscibile, al segreto da svelare e al tesoro della vita eroica da conquistare o a cui tendere (fosse pure solo un miraggio).    
“Chi non mira le stelle si perde nella storia.” È vicino il meriggio. Sì, il viaggio con e nel libro (Gocce di Pioggia a Jericoacoara) ha ridato fiato e speranza alla mia vita: man mano che lo scrivevo mi trasformavo, quando lo rileggevo mi rigeneravo (e la mia mentore nietzscheana-daviliana a farmi da angelo vigilante – e poi è lei che mi guida fin dietro l’angolo…). Ero in viaggio con l’angelo (e il diavolo? Roso dalla gelosia. Anche un po’ rosso).         
“Audacia mai veduta, scempio mai veduto. Sangue giovane e sangue nobile, rosee guance e bei corpi. Vigore mai veduto, sincerità mai veduta. Disinganni mai detti in passato.” Il magical mystery tour mi rendeva sempre più audace, mi ringiovaniva, body and soul. E lo spirito? Imponderabile (alato, alla Pound). Bed and breakfast.
“Per farcela a mettere le zampe su questo e su altri libri di uguale interesse che il padre custodiva in uno scaffale del suo studio – continuò – lui doveva appunto aspettare la notte, in genere, quando in casa tutti dormivano, avendo cura, dopo, di rimettere ogni cosa a posto. (…) In ogni caso – soggiunse, alzando una mano a prevenire eventuali proteste da parte mia –, in ogni caso Afrodite del Louys i libri sopraelencati li batteva tutti quanti.” Avevo letto qualcosa pure di Bassani – sono trasversale ma punto verso l’alto (io minimalista? Sì, talvolta, ma non ridotto ai minimi termini. Mi allargo, contengo moltitudini. Quanto alle ‘legioni’, le affogo…).
Bene, per oggi ho finito. Questo è solo un ‘solo’ (un assolo, per qualcuno una ‘sola’), un mio ‘sfogo’ dopo aver quasi rischiato di ‘affogare’ (ecco il perché di un mese di empasse – diciamo epoché, per fare i fichi). Ma sto per affiancare a questo blog ‘tournant’ (un po’ sufi un po’ sisifo) un sito di PNL creativa (molto molto creativa…). Là ci saranno, non solo zuccherini’ (se questa per voi è brown sugar: per me è il viaggio dell’eroe). Aspettate solo un poco ed entrerete in un resort pieno di risorse e sorseggerete tutto quello che vi serve per raggiungere le vette. E poi, come Zarathustra, scenderete dal monte (ben più di Monti e Tremonti) con doni a ‘tremalaterra’…
Tremate, le star (quelle danzanti) sono tornate!

martedì 27 settembre 2011

TERRY vs MAYRA

TERRY vs MAYRA

Ubi est Ruby?


Uccidimi dolcemente, ma uccidimi… Entra nel rovescio del mio mondo e affonda il tuo cultro lì dove gli altri hanno fallito. Trascrivo febbrilmente i loghia onirici, battendo sul tempo i famelici gargoyle del subconscio, spasmeggianti nevrilmente dalla brama d’ingoiarli nei lenti gorghi amnesici. L’oceano notturno si è ormai contratto in un’anoressica pozzanghera: solo i vortici di alcuni citri d’acqua dolce – i sogni che hanno bucato le porte di corno (quelli che verità li incorona se un mortale li vede) – sono sopravvissuti. V’intingo la mia plume mentale, strappata all’uccello nottaiolo attardatosi a oziare sullo spoglio ramo dell’ultimo ramingo albero della fuggente selva dell’oblio e… fandango.
Because the night belongs to lovers, because the night belongs to lust, because the night belongs to us… È l’alba, la notte è scappata coi suoi amanti, i dardi aurorali scippati alla febica faretra hanno colpito a morte le mie effervescenti passioni ctonie (ma rivivranno allo scoccare della mezzanotte) e i gendarmi del mattino hanno ammanettato le mie voglie corsare (adieu fuitina stellare con Jessica Alba… ogni notte un trip diverso). It’s too late to apologize. Non ho più scuse. Dalla radiosveglia la voce velvet del sempre cool Timbaland mi riporta sulla battigia. It’s too late… Lascio Garden of nights (il Village da dreamer radical-chic – niente di particolarmente osé: solo Muse e qualche strip) e mi butto giù dal letto.
Della notte mi è rimasto solo il sorriso: lentamente passo per l’ultima volta il dito sulle sue labbra di sogno, prima che si assottiglino e sublimino, impalpabili come labili fili evanescenti, al balenare delle prime pallide luminescenze diurne. L’eco narcisa degli ultimi sparsi frammenti onirici cerca invano di raggiungermi, ma ammutolisce spaurita davanti all’alba sorgiva, sfiatando pudica nel lete delle memorie fuggitive. No pain no drama: ho già trascritto le stille essenziali, lascio senza magone le vaghe stelle dell’orsa.
Il telefono squilla (l’ultima, definitiva, rupture al notturno soffitto di cristallo – di lì, rapito, posso mirare l’epifania degli dèi). Squallida cocotte, vattene per la tua strada… io sono fedele al mio computer (e pensare che fino a qualche annetto fa manco me lo filavo…). Lascio a letto i miei clandestini philosophes prêt-à-porter (nouveaux o anciens, tutti mi fanno il filo, ma io mi fermo ai preliminari), snobbo la cornetta – di giorno sono fedele – e vado a tirare. Slash-flash: qualche strisciata di piccì, per tenermi su. Inizia la mia giornata.
                
Sì, inizia la mia giornata e, dopo aver riletto un brano di un mio inedito (sì, non c’è solo Gocce di pioggia a Jericoacoara), mi ributto su qualcosa o qualcuno su cui – squallida cocotte –, dopo un instant look, non mi ero troppo soffermato. Faccio un rewind ed ecco, earth wind and fire, atterro su qualcosa di terra-terra, ma con qualche frizzico di fuoco. Fuoco, focherello, fire…
«Quest’idea moralista che tutti devono guadagnare duemila euro, tutti devono avere i diritti. (…) La bellezza, come dice Sgarbi, è un valore. È come la bravura di un medico. Se sei bella e ti vuoi vendere devi poterlo fare… se sei racchia e fai schifo devi stare a casa. (…) Se vuoi ventimila euro al mese ti devi vendere anche tua madre. (…) Se sei onesto non fai un gran business, se vuoi andare in alto devi passare sopra i cadaveri ed è giusto che sia così. È così da che mondo è mondo… [E poi] tutte queste storie sul ruolo delle donne: che palle! Quelle che non lo vogliono fare stiano a casa e non rompano i coglioni! (…) Davanti all´Imperatore non ti puoi presentare con una pezza da cento euro, devi avere minimo un abito di Prada… perché lui è un esteta, apprezza la bellezza».

Ridere spesso e di gusto.
Ottenere il rispetto di persone intelligenti e l’affetto dei bambini. Prestare orecchio alle lodi di critici sinceri e sopportare i tradimenti di falsi amici.
Apprezzare la bellezza.
Lasciare il mondo un pochino migliore si tratti di un bambino guarito, di un’aiuola o del riscatto di una condizione sociale.
Sapere che anche una sola esistenza è stata più lieta per il fatto che tu sia esistito.
Ecco questo è avere successo.
                      
Prima Terry la berluskina (davanti all’’imperatore’), poi Ralph Waldo Emerson. Dall’usa e getta dell’’emergente’ (dalla ‘platitude’ piccolo-borghese della Bari ‘bene’) al filosofo USA l’effetto jet-lag è traumatico. Ma non troppo. Ognuno ha il suo karma, ognuno ha il suo dharma. Ma li puoi cambiare: la legge del berluska ha a che fare con le parti ‘basse’ (il karma), ma il dharma (il destino cosmico) vola alto, in the sky with diamonds (i diamanti delle olgettine e varie ed avariate dopo un po’ torneranno sabbia). Karmacoma.
Deflowering my baby, aiyee my baby… my baby… Deflowering my baby, aiyee my baby. I must be crazy, you must be lazy…Sì, crazy and lazy. Dopo la deflorazione. In fondo, flos de floribus, si tratta della stessa cosa: il microcosmo (l’uomo) e il macrocosmo (l’universo) rispondono alle stesse leggi.
«Come in alto, così in basso» e «La strada all’insù e all’ingiù è una sola e la medesima.» Di queste massime (anche: "così dentro, così fuori...") la terrybile Teresa ne ha dato una sua personale (ma appartiene a una certa ‘vulgata’ del post-ribolo-moderno) interpretazione, che pure ha un suo ‘aplomb’ e una sua logica e su cui non bisogna fare troppi moralismi (se ne sto facendo è per evitare che dal berlus-caos escano ballerine danzanti e non, niccianamente, dal caos stelle danzanti). Sì, terribilis locus est iste (ma del 'tremendum' e 'terribile' "ganz andere" totalmente 'altro' solo tracce, anzi: pula al vento...)
Non è questione di virtù pelosa (lu pilu prima di tutto...), o di 'polli' e 'pollastrelle', ma, alla greca, di areté, ossia di virtù come valore. Per citare da non ricordo dove (a proposito, ubi est Ruby?), areté, per i Greci significava eccellenza umana, capacità di autocrearsi e di essere qualcosa di superiore rispetto alla pura animalità. Significava, in altre parole, saper creare una figura umana eccellente. 
È questo il concetto che ritroviamo nella radice stessa della parola (aretao), che vuol dire, appunto, crescere. svilupparsi (non nel senso, basso, dei 'berluscones'). Per creare un tale uomo si deve dunque diventare virtuosi, così come sono virtuosi ginnasti e musicisti, che, dopo un lungo esercizio, riescono a rendere facile il difficile, sanno trasformare le difficoltà in stimolo. Insomma, Terry, non c’è solo quello stimolo, pur necessario e intrigante…
Non c’è solo Vernel detersivo (che pure Terry certo non usa), c’è pure Verlaine (che Terry vorrebbe usare: ma lì ci vogliono ben altre scope…).

E basta con quei pugni serrati e la collera 
per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano; 
basta con l'abominevole rancore! basta 
con l'oblìo ricercato in esecrate bevande! 
Perché io voglio, ora che un Essere di luce 
nella mia notte fonda ha portato il chiarore 
di un amore immortale che è anche il primo 
per la grazia, il sorriso e la bontà. 
Io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme, 
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia, 
camminare diritto, sia per sentieri di muschio 
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino; 
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita 
verso la meta a cui mi spingerà il destino, 
senza violenza, né rimorsi, né invidia: 
sarà questo il felice dovere in gaie lotte. 

A proposito di aretè, di arieti e arte varia: insomma, di nani, ballerine e poche stelle danzanti, lasciamo Lele e Fede e torniamo a Nietzsche, di cui la Terry-loquela è un audace, forse anche spontaneo, ma loffio, tentativo di cupio imitandi: ben altro charme (sia in karma sia in dharma) – charme el sheik (non quello sceicco… – l’’imperatore’ toro bisturi-scatenato, a pilloline e punturine a prua e a poppa) – ben altro charme (anche nel senso di charis: grazia gratia nisi gratis gratia non est) dicevo è quello dimostrato dall’altra barese ‘in voga’, la ben più nicciana Mayra che, sfiorato l’alloro di Miss dello stivale (lei più della vincitrice ne aveva l’allure), non solo non ha stilettato la rivale ma, da 'ultima donna' (quella che fa da battistrada al Superuomo – che non sia una Oltredonna?), ha citato quello che a Terry manca (miss, nel senso di missing): Bisogna avere il caos dentro sé, per partorire una stella danzante”.  
Mayra, I miss you. D’altronde, non so mirare se non chi mira (o mayra) (al)le stelle…

P.S. Non mi sono dimenticato del mio corso di Spiritual life coachingdi Kabbalah-Quantum-PNL intendo – di Risveglio dell’eroe, insomma, ma, in attesa del costruendo sito connesso a questo blog, mi limiterò, come già ho fatto, a darvi un po’ di chicche, oltre che a consigliarvi i miei due libri sulla PNL (va’ sul Web). In ogni caso, per aspera ad astra, vi do come sciccheria un racconto sufi (saltato, per motivi di impaginazione, fuori dal mio Che Cos'é la PNL) che ben simboleggia il passaggio dalla schiavitù della ‘fissazione’ (quella dei berluskassi è una vera propria 'fissa') al ‘risveglio’ liberatorio'.

A Mullah Nasruddin era giunta voce che la moglie lo tradisse. E gli avevano pure indicato il luogo (sotto la grande palma appena fuori città) e l’ora degli incontri clandestini (a mezzanotte in punto). Non sapeva però chi fosse il rivale.
Il pensiero del tradimento e la gelosia lo divoravano giorno dopo giorno. Ormai la sua era diventata una fissazione, una mania… E dal giorno della triste rivelazione aveva cominciato a soffrire anche di fobie e attacchi di panico; per non parlare degli stati d’ansia, della vergogna (erano ormai molti mesi che non frequentava più nessuno per paura dei commenti) e della depressione che lo buttava sempre più giù. Era ridotto a uno straccio…
Un giorno prese il coraggio a due mani e disse fra sé e sé: devo far fuori il mio rivale! Si preparò psicologicamente a puntino, si rimise in sesto, disse in anticipo le preghiere riparatorie, si armò di tutto punto e andò di soppiatto sul luogo deputato, Era quasi mezzanotte, luna piena, nessuno intorno, solo una leggera brezza e il sommesso vocio degli animali notturni…
Salì sulla palma e iniziò ad aspettare. Mezzanotte: niente, mezzanotte e mezza: niente… Ma lui imperterrito, sempre più carico di rabbia e indomito coraggio.
L’una, le due, le tre, l’alba… All’improvviso, il flash: ma io non ho moglie!

giovedì 25 agosto 2011

SUPERSIZE YOUR DREAMS

SUPERSIZE YOUR DREAMS

I need a dollar or Million Dollar Baby?


(…) When God brings a dream to pass that He’s placed in your heart, it’s going to be greater than you ever imagined. It’s going to be bigger, better and more rewarding. You could say: God’s going to supersize your dream! Your dream may be to just get well, to be able to get around like you used to. That’s good, but you have money left over to be a blessing to other people!
Today, have faith in God. Trust Him because He has good plans for you, and He is ready to supersize your dreams! God thinks bigger. When He supersizes that dream, you’ll not only be able to walk, be able to run! (…) Your dream may be to just pay your bills each month, but God’s dream is to give you an abundance so that you not only have enough for your needs, but you have money left over to be a blessing to other people! Today, have faith in God. Trust Him because He has good plans for you, and He is ready to supersize your dreams!
(sintetizzo il post di Joel e Gloria Osteen, due predicatori del ‘Vangelo positivo’: quando Dio realizza un tuo sogno lo fa ancor più grande di quel che tu avevi in cuore: se tu vuoi solo camminare, Egli ti farà correre; se sogni di avere i soldi per pagare tutte le tue bollette, Egli te ne darà in misura tale da soddisfare, non solo i tuoi bisogni e desideri, ma anche per essere di benedizione per il tuo prossimo. D’altronde, c’è scritto: Cerca prima il Regno di Dioossia, la ‘Banca’ – dopo di che ogni cosa ti sarà data…).
Sì, Dio (o chi per Lui, fosse pure il ‘caso’ o tu…  se non ‘credi’ agisci ‘come se’) rende super i tuoi sogni: non solo li realizza, ma ne amplifica i ‘desiderata’. Nella PNL, per “entrare in situazione”, ossia zompare nel proprio ‘film’ personale (identificandosi con l’eroe - magari prima eri solo uno 'zombie') per poi ‘copiarlo’ e ‘incollarlo’ nella situazione reale, ossia nel ‘qui e ora’ – passando dallo ‘stato attuale’ (spesso ‘loffio’: low state) a quello ‘desiderato’ (peak state) – si agisce sulle ‘submodalità’ (intensità, distanza, grandezza, ecc. delle modalità visive, uditive e cinestesiche delle immagini e delle sensazioni), in modo da ‘supersize’ o ‘mini-size’ le emozioni; e, di lì, a cascata, le tue azioni e tutto quello che poi ‘succede’: ossia, dal desiderio alla volontà, all’azione, al comportamento, al destino… Insomma, il tuo successo o insuccesso.
A sogni (e film, soprattutto pensieri) colorati, vividi, stinti, sfocati, s’incolleranno corrispondenti realtà (stelle, stalle, stelline, stille – di pianto – o stami, pistilli, orchidee, orchi…). Noi siamo ‘vortici’ nel ‘campo quantico’ (nell’universo pluriverso-spirituale), solo in parte ‘cristallizzati’ (più o meno perfettamente: ora si parla di generazione ‘indaco’ o ‘cristallo’ – d’altronde, in Gioele, nell’Antico Testamento, e all’inizio degli Atti degli Apostoli si dice:  io spargerò il mio Spirito sopra ogni persona:  i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni...). 
Come tali, attiriamo tutto quello che è ‘simile’ al nostro modo di pensare, di agire, di pre-vedere il nostro futuro: siamo delle ‘calamite’ (anche di calamità), degli ‘attrattori’ (di trattori, tratturi, iatture, iettature, ‘fatture’, fratture… ma anche di Ferrari, champagne, ‘estasi’, sia solitarie – gli ‘stati di grazia’, le ‘illuminazioni’, le ‘esperienze delle vette’ – sia l’extase à deux). Sei tu, nella stragrande maggioranza dei casi, a decidere se per aspera o ad astra (comunque, come nel ‘viaggio dell’eroe’, l’’iniziazione’ e i ‘riti di passaggio’ sono necessari: ti ‘forgiano’ e ti rendono ‘flessibile’ e, insieme, ossimoricamente sfaccettati come un diamante. Ricorda: per aspera ad astra; e soprattutto, mira (al)le stelle!).
Bene, il post ‘agostano’ (anche un po’ agostiniano: ama e fa’ ciò che vuoi!), in attesa del ‘viaggio dell’eroe’ (con il mio personal Jesus) che partirà a settembre, nasce dall’occasionale zapping su MTV featuring Aloe Blacc e il suo I need a dollar. Subito mi sono ricordato di Tony Robbins e di quando, coach alle prime armi, s’imbattè nottetempo in un barbone che, a digiuno di PNL (e non solo…), gli chiese, non l’’eccellenza’ (un bel bigliettone), ma solo qualche spicciolo. E tutti noi, checché diciamo, siamo come quel clochard: non tiriamo la cloche per ‘decollare’, ma preferiamo rimanere polli, nella nostra piccola aia, in attesa di essere serviti sulla tavola…
Ma c’è anche chi bussa al ‘milione’: dal pollo, sia pur di marca, al Marco Polo o Million Dollar Baby sulla via di Shangri-La o del miglior ring… Del resto, tra un KO e un OK c’è di mezzo solo un cambio drastico di direzione (metànoia) o un capitombolo…
E noi ne faremo di giravolte! Turn, turn, turn...

domenica 24 luglio 2011

AMY WINEHOUSE: DAL VIAGGIO DELL’EROE AL VIAGGIO CON L’EROINA

DAL VIAGGIO DELL’EROE AL VIAGGIO CON L’EROINA


Amy Winehouse. Ventisette (anni). 
Prima: Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Brian Jones, Kurt Cobain. Anche loro 27 (numero cult: tre al cubo. Oppure nove volte tre. E sappiamo bene che tre è, non solo simboleggia, la ‘varietà’ – indispensabile – del Divino. E nove, come il numero dei ‘carismi’ di cui parla san Paolo, ‘sfaccetta’ lo Spirito, il ‘diamante’ divino, quello che da ‘duro’ sublima in “vento divino”, che soffia dove vuole…).  
Da Brian a Amy: sei ‘eroi’ in ‘viaggio’ con l’eroina (che sia coca con le bollicine polverizzate, vodka a tutto Volga, ‘acido’ solforico o un mix extra-large alla John Belushi poco cambia). Sei: numero d’uomo, imperfetto. Sì, l’imperfezione in cerca del “riposo divino” (il settimo giorno). L’eros che si rifugia nel thanatos… l’apollineo che vuole trasmutarsi nel dionisiaco, ma che non riesce a integrare il ‘sole’ con l’’ombra’: sta troppo al sole di mezzogiorno e l’ombra svanisce. Ma seppur lo spirito vuole ardere il corpo si scioglie come candela – e non è il “pruno ardente” dell’Esodo, quello che ardeva ma non si consumava: quello dell’”Io sono”.
Sì: io sono (con la minuscola). O meglio, sto diventando. E per farlo, avevo proposto il mio personale viaggio con l’eroe. Da iniziare – meglio, scrivere in ‘grassetto’ sul blog (finora, al massimo, in corsivo). Ma non volevo iniziare subito – anche se l’avevo promesso nell’ultimo post – meglio da settembre: si è più ‘freschi’ (ma pur sempre caldi). Proprio ieri lo stavo pensando – non solo, vedendo un video formativo, mi sono passate dinanzi le immagini di ‘eroi‘ positivi’ (Pistorius, per dirne uno) ed ‘eroi’ negativi (la stessa mitica Whitney Houston). E pochi minuti dopo, breaking news…
La casa del vino è esplosa (poco prima, ma qui i numeri si fanno ‘irrazionali’, se Londra piangeva Oslo non rideva…): "… non si mette il vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri, il vino si versa e gli otri vanno perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano". Eppure, malgré tout, Amy rimarrà per me (e chi di voi apprezzava la sua ‘lira’ divina – che George Michael conservi ancora il suo plettro…), sì, resterà nel tempo (nel Chronos, spero nell’Aion – quanto al Kairòs l’ha già avuto, fuggente. Fermati attimo, sei bello!); insomma, al di là della sua parentesi (graffa) tra rehab (da alcol e droghe), rahab (il suo 'demonio' dentro) e, soprattutto, reboanti performance canore, Amy, ben più di Lady Gaga, resterà la Lady day di questo secolo, la graffiante, e graffiata, junk-griffata Billy Holiday di questi tempi in cerca di eroi à gogo.
Lay, lady, lay, lay across my big brass bed. Lay, lady, lay, lay across my big brass bed… Whatever colors you have in your mind, I'll show them to you and you'll see them shine…
Memento mori... ma pure: per aspera ad astra! E poi (ma forse è solo una 'consolazione'...), cara agli dèi è la vita di chi muore giovane. In ogni caso, a Dio il giudizio finale, a noi la memoria. Shine, shine, shine!
In memoria di lei, dedico un brano tratto dal mio Gocce di pioggia a Jericoacoara, certo che quella che è grondata su di lei non sia l’ultima pioggia.

Polvere di stelle. Smoke gets in your eyes. La ragazza dagli occhi di cielo stava per imbarcarsi su “una cometa di polvere bianca” (quella ‘tirata’ dalle pagine di Jay McInerney, il pocket pronto in borsetta tra un defilè e l’altro): lei l’unico membro dell’equipaggio – hostess e pilota –, in riga oltre che in linea. Diana, l’ultima delle matrioske in ballo, rollava in pista e, in attesa di prendere il ‘volo’ (e imbucarsi), scaldava il motore (ma qui non era roba da accendini): tutto era pronto – in tiro – per l’aspirante modella (una tipa top alla Brigitte Bulgari) scivolata “in bagno a sniffare una bella riga di Tiramisù Boliviano.” Dalla padella alla brace. Bruciava di voglia. Voglia matta.
Mille luci a New York, in brodo di giuggiole in Florence. Arno d’argento, pendente d’oro bianco (il lettuccio di ‘biancaneve’ al collo di Diana, la ‘magica’ biondo-platino e bianco-vestita), occhi di brace (le pupille, infuocate). Voglia di vivere, ansia da morire. Ma doce doce.
“I fatti sono semplici, i fatti sono fatti / I fatti sono pigri, i fatti sono matti / I fatti dipendono dal punto di vista / Se non fai attenzione ti portano fuori pista.”
I fatti: Diana e Arianna, ciascuna col suo viaggio, depistatesi dal dance-floor si erano imbucate in bagno. Per ‘farsi’ e rifarsi. Una toccatina qui e là, qualche fuga in avanti. E che bagno! Pieno d’atmosfera: pareti satin, luci techno a muro, maxi-specchi sotto faro per i giusti ritocchi alla bocca, agli occhi, alla chioma. E Arianna era lì per questo (oltre che per la pipì d’ordinanza – del gentil sesso). Every little thing she does is magic.
Le pareti setose proteggevano, pudiche, l’improvvisa intimità à deux (in attesa della folie à deux, à trois, à quatre, à famille. à plusieurs…), mentre lo specchio della regina (non l’Imperatrice, Galatea, ormai infranta, e affranta. In attesa di essere, anche lei affrancata) contemplava sfacciato il volto, sottotono, della ‘papessa’ – così l’aveva definita un giornale, e pure ‘serio’ – alle prese con una tonica rinfrescata. E per non farsi mancare niente, rifletteva di buon grado, e con qualche perplessità, Diana, la bionda ‘trentotto’ (uno e settantotto più tacco dieci – meno scivoloso del ‘dodici’ d’ordinanza – momentaneamente fuori piede) assisa alla bell’e meglio sulla Starck da discoteca cool.
Si stava dando da ‘fare’ la biondo-cosacca, ma non era sfatta, anzi... Ben calibrata, rollava a tambur battente, pronta per lo scacco matto (dopo gli shake, soft e hard drink, le slappate e sceccheraggi vari). Regina tra gli alfieri, regina di cuori, turrita ma pronta a cadere (in fallo). Dark lady. Sciacalla (qualche volta con lo scialle, la pashmina). Anche un po’ di sweetest tattoo (e nessun tabù) e, d’ordinanza, il piercing (l’omphalos).
Una pedina in un gioco sporco. Dancing in the dark. Nondimeno, in forma, forse rifatta (le labbra in polpa, il seno a poppa benché a prua). Le tue mammelle sono due gemelli di gazzella che pascolano tra i gigli. E lei voleva brucare. Non solo l’erba. Bruciava di voglia, di ogni tipo. Fa’ ciò che vuoi è la legge. Lei, la tipa tosta, era ‘fuori’. In & out. Il ballo l’aveva mandata high: urgeva lo sballo – se la danza gira la coca tira (e viceversa: la ‘scimmia’ che si morde la coda).
Insomma, due bionde (una a pezzi, l’altra rincollata) sbalzate dall’onda montante nella discoteca oceanica (almeno un centinaio di beautiful people nella sola ‘vip location’ ). E che creature. Da Cantico dei Cantici.
“Ti versi una bella riga sul dorso della mano. Ti porti la mano al naso e la boccetta ti sfugge e va a cadere con nauseabonda precisione nella tazza. Rimbalza una volta contro la porcellana, poi affonda con un tonfo insolente che sembra il rumore prodotto da una grossissima trota per sputare una minuscola esca finta accuratamente preparata.”  
Qualche attimo prima del tiro malriuscito un’altra bionda (italica, padana per la precisione) – la terza, in definitiva (a chiudere il cerchio) – s’era fatta sotto: prima, sottotono, il felpato ingresso nel rifugio (delle donne), poi l’avvicinarsi lento allo specchio, il cingere, doce doce, da tergo, l’Arianna alle prese con l’ultimo ritocco, lo stringerle proditoriamente il torso (dolce morso), il comprimerle i seni ancora in tiro, e infine… il (con)fondersi con (e in) lei! Gaia, l’angelo di Pugnochiuso, quella volata via dalle mani (e forse, dopo un po’ di tempo, dalla mente) di Lorenzo, era scomparsa, inghiottita nell’oceano di Arianna (in fin dei conti il corpo non è forse acqua? Acqua minerale con tracce di solidi e polvere di stelle).
Diana era in pieno sballo – dazed and confused, lisergica (già prima di ‘cocarsi’ era ‘fatta’ dalle luci stroboscopiche) –, ma le sue pupille dilatate si contrassero egualmente. No, non era visione da sballo. Era reality (e nemmeno da tivvù). Uno show, questo sì. Da estasi della comunicazione.
Astonished, sospese per un attimo l’’operazione’, che pure l’aveva ‘presa’ (farsi le strisce è pur sempre un rito, e interromperlo può scatenare forze imprevedibili, talora ingestibili – e, infatti, così accadde): le due coinquiline – Arianna e Gaia – si erano fatte uno (qui nel senso canonico: ‘farsi’ come ‘divenire’. Che il farsi sia poi una lingua, il persiano, questo è un altro discorso, farisaico: ormai Diana vaneggiava, prima high ora down…).
Golden dawn. Dopo la ‘fusione’ (nucleare: era proprio una ‘bomba’), la bionda allo specchio apparve di colpo ringiovanita di una dozzina d’anni (Arianna già prima dell’impatto ne dimostrava a malapena quaranta… portati da teenager). L’altra ‘metà’ (vent’anni o poco più) era scomparsa, come inghiottita da Arianna. Che in Pistis Sophia, ostico vangelo gnostico (ma con qualche ostrica con perla), Gesù e lo Spirito Santo, dopo essersi guardati negli occhi, si fondessero e divenissero Uno aveva un senso. Ma qui? Cosa c’era dietro l’angolo, dopo il doppio salto mortale (senza rete)? L’angelo…

sabato 9 luglio 2011

HEROES


HEROES
Il viaggio dell’eroe

Pietrangelo Buttafuoco… Perché proprio lui? Che c’azzecca? Non che non lo conosca, non è proprio un ‘carneade’ (tutt’altro: per motivi ‘letterari’ ho avuto con lui qualche scambio email – un vero e proprio gentiluomo siculo, tra l’arabo e il normanno, anche un po’ vichingo), ma sarà l’assonanza onomastica – l’ossimoro angelo/drago – con ‘eroe’ ed ecco che il nome del ‘fascio-comunardo’ è zompato fuori dalle uova del drago.
Sì, il concetto di ‘eroe’: l’ho ritrovato l’altro ieri leggendo l’ottimo “Il risveglio dell’eroe con la PNL” di Robert Dilts e Stephen Gilligan, due guru della ‘trans-formazione’. E sono tornato indietro nel tempo, quando, ancora digiuno di PNL e ‘derivati’, mi crogiolavo tra le “uova del drago” di Joseph Campbell, Mircea Eliade, Richard Rohr, Vladimir Propp, gli stessi Jung e Hillman, con le loro scorribande nei territori del mito, della fiaba, del ‘sacro’, della psiche, del ‘simbolo’, dello spirito, alla ricerca del sacro graal del “senso della vita” (quello ‘vero’, non quello tivvu o da News of the World).

Vorrei quindi iniziare su questo blog ‘ballerino’ un “viaggio dell’eroe”, in cui, tra ‘sponsor’, angeli, dèmoni/demòni, principesse e briganti, vi possa portare, a partire da “sentieri interrotti”, verso la “radura luminosa”. Ma è un viaggio già iniziato… direte voi. Sì, è vero, questo blog è una vera e propria promenade architecturale (più che altro, archetipica, o tipologica), ma questo è un nuovo inizio (senza tralasciare le quisquilie e pinzillacchere).
Bene, per introdurre la figura dell’’eroe’ (ben diverso dal brechtiano ‘eroe’, quello di cui ogni nazione dovrebbe essere felice se non lo avesse), ossia dell’uomo ‘risvegliato’, che riconosce la sua ‘vocazione’ ('chiamata' "talento disotterrato") e le dà ‘fiato’, comincio dapprima da Propp e la sua “morfologia della fiaba” (tratto, per celerità, da Wikipedia).

Personaggi

Propp individuò 7 personaggi caratteristici delle fiabe:
  1. Eroe: protagonista che, dopo aver compiuto un'impresa, trionferà;
  2. Antagonista: l'oppositore dell'eroe;
  3. Falso eroe: si sostituisce all'eroe con l'inganno;
  4. Mandante: chi spinge l'eroe ad intraprendere la sua missione;
  5. Donatore: la guida dell'eroe, colui che gli dà un dono magico;
  6. Aiutante: chi aiuta l'eroe a portare a termine la missione ricevuta;
  7. Persona ricercata: premio amoroso; finale per l'eroe.
A volte il donatore può essere anche l'aiutante, come il mandante può essere anche antagonista a seconda, naturalmente, della fiaba.

Schema
Lo schema generale di una fiaba, secondo Propp, è il seguente:
  1. Equilibrio iniziale (inizio);
  2. Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione);
  3. Peripezie dell'eroe;
  4. Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione).

Funzioni

Queste sono le 31 funzioni individuate da Propp:
1.   Allontanamento: uno dei membri della famiglia si allontana da casa - es. il principe va in guerra;
2.   Divieto (o ordine): all'eroe viene imposto un divieto (es. a Cappuccetto rosso viene proibito di passare per il bosco);
3.   Infrazione: il divieto è infranto (es. Cappuccetto rosso passa per il bosco);
4.   Investigazione: l'antagonista fa delle ricerche sull'eroe;
5.   Delazione: l'antagonista riceve le informazioni;
6.   Tranello: l'antagonista tenta di ingannare l'eroe;
7.   Connivenza: l'eroe cade nel tranello;
8.   Danneggiamento (o mancanza): l'antagonista reca danno all'eroe (o viene a mancare qualcosa) – es. la bella addormentata è punta a causa della maledizione di una vecchia fata;
9.   Mediazione: il danneggiamento o la mancanza vengono resi noti;
10. Consenso: l'eroe reagisce;
11. Partenza: l'eroe parte;
12. Funzione del donatore: il donatore mette alla prova l'eroe;
13. Reazione: l'eroe supera la prova;
14. Fornitura: il donatore dà l'oggetto magico all'eroe;
15. Trasferimento: l'eroe si trasferisce, o viene condotto sul luogo in cui si trova l'oggetto delle sue ricerche;
16. Lotta: l'eroe e l'antagonista ingaggiano direttamente la lotta;
17. Marchiatura: all'eroe è impresso un marchio;
18. Vittoria: l'antagonista è vinto;
19. Rimozione: l'eroe viene liberato dal danno o dalla mancanza iniziale;
20. Ritorno: l'eroe ritorna;
21. Persecuzione: l'eroe è sottoposto a persecuzione;
22. Salvataggio: l'eroe si salva;
23. Arrivo in incognito: l'eroe arriva in incognito a casa o in un altro paese;
24. Pretese infondate: il falso eroe avanza pretese senza fondamento;
25. Prova: all'eroe è imposto un compito difficile, una prova da superare;
26. Adempimento: il compito difficile è eseguito;
27. Identificazione: l'eroe viene riconosciuto
28. Smascheramento: il falso eroe o l'antagonista viene smascherato;
29. Trasfigurazione: l'eroe assume nuove sembianze;
30. Punizione: l'antagonista viene punito;
31. Lieto fine: l'eroe ottiene il premio finale; spesso si sposa o ottiene un regno.
 
Passo ora a un mio stralcio ‘teologico’ tratto da “Prendi la PNL con Spirito” (che è già un “viaggio dell’eroe” in sette giorni: dallo stato ‘loffio’ allo stato ‘loft’… Ma il vero percorso dell’eroe, in puro stille campbelliano-propp-hillmaniano è quello di Gocce di pioggia a Jericoacoara, lì dove ‘eroi’, angeli, demoni, sponsor, ostacolatori, draghi e… lupi mannari si sprecano):

Si può riunire solo ciò che è separato… Stabiliamo una morfologia del racconto – i discepoli di Emmaus – de-strutturando le componenti, puntando essenzialmente su tempi, luoghi e funzioni dei ‘personaggi’. La ‘struttura’ del testo segue, significativamente (v. Richard Rohr, ma pure il Propp della “Morfologia della fiaba”), il tema del ‘rituale’ d’iniziazione (ma qui il processo è exoterico, più che esoterico), ovvero l’’ingresso ufficiale’ del ‘ragazzo’ nella comunità degli ‘adulti’, dopo il voluto ‘abbandono’ nella boscaglia da parte dei ‘genitori’. Qui ritroviamo tutti questi temi:
 – Separazione e partenza (v. 13): l’’abbandono’, il ‘distacco’ dalla ‘madre’ (fagocitante), ovvero da quella parte di ‘femminilità’ negativa che spinge al non sapere, non pensare, non analizzare, non spiegare… (in questo caso, i due discepoli disillusi che si allontanano, sia pur momentaneamente, dalla comunità). Parlavano tra loro: la ‘discesa nel profondo’, l’’elaborazione del lutto’. Lo stesso giorno: il processo di ‘riflessione’ e l’eventuale ‘decisione’ spesso non ammettono dilazioni. Due di lorosessanta stadi: al di là della ‘lettera’, la portata simbolica (il ‘due’ come corpo e anima, …manca lo spirito, oppure come ‘dubbio’ e ‘negatività in generale; il ‘sei’ come ‘umanità’ in cerca del ‘sette’: il ‘riposo’, lo shalom, il Cristo) arricchisce il contenuto semantico e interpretativo.
Il viaggio (vv. 14-27):  la ‘discesa’, la ‘spirale’. Continua il ‘viaggio’ introspettivo dei due discepoli (dall’Io verso l’inconscio). Discorrevano: la parola umana che cerca un senso nella parola divina e un radicamento nella ‘Grande Storia’. Tristi: la ‘ferita’, il crollo delle certezze, l’’umiliazione rituale’: il ricordo dell’insuccesso, il riconoscimento della ‘ferita’, la ‘delusione’, e la loro reintegrazione in un orizzonte di senso, aiutano a ‘crescere’, a forgiare, fortificare. Si avvicinò: l’incontro. “L’essere umano è smarrito, ma Dio viene a incontrarlo nel bel mezzo del suo errare. Viene come sempre a cercarlo all’interno delle sue stesse torsioni…” (‘Torna alla vita’, Simone Pacot). Gesù viene (ma nell’AT è appellativo di Dio!). Il Cristo rimane ‘velato’ per chi lo segue ma non è “nato di nuovo”, sia esso un suo seguace noto (Cleopa) o anonimo (l’altro ‘discepolo’). Noi speravamo: l’’oppositore’, la disillusione che si oppone all’evidenza (delle Scritture) e alla testimonianza oculare (della donna). “O insensati”: l’’uomo con la spada’ (la spada dello Spirito che taglia il ‘velo’, il ‘due’ che si fa ‘tre’: corpo, anima e  spirito), la “lancia insanguinata” (“Non doveva il Cristo soffrire…”).
L‘arrivo (v. 28 - 32): il ‘centro’. “… egli fece come se volesse procedere”. La tentazione, il gioco delle parti. “Essi lo trattennero”. La svolta, la ‘luce’ che fa fuggire l’’ombra’ (pur necessaria, specie per una ‘svolta’: è pericoloso trovarsi a un ‘trivio’ – sacro a Pan – a mezzogiorno, quando l’ombra diventa invisibile. Può scatenarsi un attacco di panico…), la necessità di ‘suturare’ la ferita con il ‘filo’ di Cristo e l’’olio’ dello Spirito. L’affetto vince sulla ragione, il “lato femminile” reintegra quello ‘maschile’, lo spirito si ‘separa’ dall’anima e, solve et coagula, rinnova la comunione ‘paolina’ corpo-anima-spirito. “Allora i loro occhi furono aperti”: il Cristo ‘svelato’. Il Kairòs, il momento dell’’intrusione’, l’esperienza ‘cosmica’, ‘oceanica’, delle ‘vette’. Fine del solo Chronos, ingresso nella ‘soglia’ del nuovo Aion, epifania del Divino, del ganz andere. Unica nella sua eccezionalità (“ma egli scomparve”), ma densa di prospettive…
L’irradiazione (vv 33-35): “… tornarono a Gerusalemme. Dal ‘solo Io’ al ‘Noi siamo’ (attraverso l’’Io sono’). La trasformazione individuale porta dalla “Piccola Storia” alla “Grande Storia”. La “voglia di vagabondaggio”, il “viaggio ai confini della notte”, fa travalicare il ‘recinto’ e, pur tra ‘sentieri’ (heideggeriani), porta alla ‘radura’ (per alcuni, al “porto delle nebbie”).
Dal caos interiore è nata la stella (anzi, la costellazione) danzante…

Passiamo ora al ‘mitico’ Joseph Campbell (non che Naomi non sia una favola…), con un bell’articolo incolla-copiato dal blog GrandiPassioni di Petar Rokic  http://www.grandipassioni.com/2009/04/joseph-campbell-il-mito-nellesistenza-dellindividuo/, cui rimando, un sito fresco di giornata (per me ...spero che il blogger, o ‘sitaro’, non me ne voglia: d’altronde gli sto facendo pubblicità – non che ne abbia bisogno, forse. E poi, a proposito di ‘sitaro’, e sitar, vedo che è nelle mie corde: anche lui un coach-filo, e di quelli sopra le righe).

Joseph Campbell (1904 – 1987), grande studioso americano di Mitologia comparata, ebbe l’intuizione, geniale all’epoca, di individuare non le differenze, ma le somiglianze dei racconti mitologici, e religiosi, apparsi sul pianeta nelle varie epoche, descritti nella sua opera “L’Eroe dai mille volti”.
Campbell studiò con cura le opere e la vita di Jung, il grande psicologo svizzero. Questi, lavorando con un gran numero di psicotici, ne acquisì informazioni sull’immaginario inconscio; poi, confrontandole con la mitologia comparata, trovò sorprendenti somiglianze con l’immaginario dei suoi stessi pazienti, addirittura un vero e proprio parallelismo… allargando poi la ricerca a persone sane, si rese conto della sostanziale presenza di schemi analoghi.
Campbell, approfondì il lavoro di Jung sul significato della Mitologia e dei simboli che essa rappresenta.
Alcuni passaggi significativi:
“Ritengo che non ci sia più una sola Mitologia viva in ogni singola nazione, per ogni singolo individuo, anche solo fermandomi all’Occidente. L’ordine sociale moderno è essenzialmente secolare. Riconosciamo che le nostre leggi non sono di origine divina. Non le spieghiamo in termini mitologici. In passato, le leggi erano date da Dio a Mosé, ed espresse nella Bibbia. Non abbiamo più niente di tutto questo. Persino le leggi dell’Universo fisico non sono definitive, continuiamo ad avere nuove scoperte, non abbiamo un’immagine definitiva dell’Universo.
Riguardo alla psicologia del singolo individuo, abbiamo talmente tante fonti e talmente tante opportunità nelle nostre vite, che non esiste una singola mitologia valida per tutti.
Credo che all’interno della società secolare, che è una specie di cornice neutrale che permette all’individuo di sviluppare la propria vita, purché non disturbi
ognuno di noi ha un mito individuale che lo guida, di cui può essere o no consapevole. Ecco il senso dello studio di Jung: quale è il Mito che sto vivendo?

Le immagini mitologiche mettono in contatto la propria coscienza con l’inconscio. Ecco ciò che sono. Quando una persona non ha immagini mitologiche, o quando la coscienza le rifiuta, quale che sia la ragione, rinuncia ad essere in contatto con la parte più profonda di sé. In questo, ritengo, sta lo scopo del Mito nel quale ognuno vive. Si tratta di trovare il Mito nel quale viviamo, conoscerlo, in modo da dirigere la nostra esistenza con competenza.
Quale è la chiamata della tua vita – lo sai?
“Ho una grande ammirazione per lo psicologo Abraham Maslow; tuttavia, in uno dei suoi libri, ho trovato una specie di scheda di valori per i quali le persone vivono, in base ad una serie di esperimenti psicologici.
 
Sono: sopravvivenza, sicurezza, relazioni personali, prestigio, sviluppo personale.
Mi sentivo così strano, a leggerla, senza capirne la ragione… finché non ho realizzato che questi sono esattamente i valori che la Mitologia trascende.
La sopravvivenza, le relazioni personali, il prestigio, lo sviluppo personale, nella mia esperienza, sono esattamente i valori per cui una persona ispirata dal proprio Mito non vive. Essi hanno a che fare con gli aspetti biologici compresi dalla coscienza. La Mitologia inizia là dove parte la follia. Una persona davvero dedicata ad una chiamata, ad una missione, ad un credo, sacrificherà la propria sicurezza, persino la vita, le relazioni personali, il prestigio, non penserà neanche al proprio sviluppo personale; si abbandonerà completamente al proprio Mito.
I cinque valori di Maslow sono i valori per cui vive chi non ha nulla per cui vivere.




LA CHIAMATA
All’inizio, il futuro Eroe conduce una vita ordinaria, comune… improvvisamente, riceve la chiamata per entrare in uno strano mondo, che non conosce né comprende, ma che in qualche modo lo attira.
La chiamata può essere una minaccia alla propria Comunità, oppure un puro caso fortuito. Altre volte, è un presagio, magari rappresentato da una figura misteriosa, l’araldo…
Ad esempio:
Nel Mito del Minotauro, Teseo viene a conoscenza della sua esistenza e dell’orrendo sacrificio di vite umane che questi richiede.
Il Buddha è semplicemente sfinito della sua vita di abbondanza, annoiato, e decide di intraprendere il cammino nel mondo esterno.
Nell’Odisseo, Ulisse è “vittima” degli eventi, cioè del vento che l’arrabbiato Poseidone gli soffia contro.
In Matrix, Neo ha un’annoiata doppia vita, nella quale cerca il misterioso terrorista Morpheus.
In Guerre Stellari, a Luke Skywalker appare il messaggio d’aiuto della principessa Leila, trasmesso dal robottino C1-P8.


Talvolta, l’Eroe rifiuta la Chiamata… questo, trasforma l’Avventura nel suo opposto… intrappolato dalla noia, dal “lavoro quotidiano”, dalla “cultura dominante”, il protagonista perde il potere di compiere alcunché di significativo, e diventa lui stesso vittima da salvare.
Esempio biblico è la moglie di Lot, tramutata in sale per essersi girata a guardare la città da cui fugge, rimpiangendo la vita che abbandona, disobbedendo ad un ordine Divino.
Tuttavia, dopo un iniziale rifiuto, l’Eroe può accettare successivamente… come Giona che, dopo aver rifiutato il richiamo del Signore, viene inghiottito dalla balena… dopo esserne uscito, Dio gli parla dopo tre giorni, e stavolta Giona lo ascolta.
                                   
                                 IL SUPERAMENTO DELLA SOGLIA
L’Eroe sta per superare la soglia tra il mondo che gli è familiare, per entrare in uno nuovo, ignoto. La prima figura che incontra è il Guardiano della soglia, che lo dissuade con forza dall’Avventura, lo invita a restare, gli paventa i pericoli cui va incontro, l’insensatezza della sua scelta, lo vuole proteggere.
È una figura importantissima, perché permette all’Eroe di misurare il livello di convinzione e di importanza che l’Avventura ha per lui.
Esempi:
In Guerre Stellari, lo Zio di Luke, che lo dissuade in ogni modo possibile, richiamandoli ai doveri verso la famiglia.
In Matrix, i poliziotti che nell’interrogatorio offrono una via d’uscita.
Nella vita di ognuno, il genitore che ci invita a restare a casa, a non rischiare, che ci protegge contro ogni genere di presunti pericoli…
Talvolta l’Eroe entra in una nuova “Zona” attraverso una vera e propria rinascita. Sembra che sia morto e rinato, oppure che la sua carne sia stata lacerata… ne esce trasformato e pronto per l’Avventura.
In Matrix, Neo, dopo aver ingoiato la pillola rossa, subisce una vera ma orribile rinascita, anche fisica…
In ogni caso… superata la soglia… non vi è ritorno…
IL MENTORE
L’Eroe ha dunque superato la soglia… dopo il brusco risveglio, si rende conto di non poter tornare indietro, anche se magari lo desidera… all’improvviso, appaiono coloro che lo accompagneranno per almeno una parte del viaggio.
Innanzitutto, il Mentore, il Maestro, colui che ha già percorso la via e conosce il mondo misterioso ove l’Eroe muove i primi incerti passi.
Il Mentore è una figura solenne, maestosa, in tutte le tradizioni: nella mitologia classica è Hermes-Mercurio, nella cristianità è lo Spirito Santo, per Dante nella Divina Commedia si alternano Virgilio e Beatrice.
Il Mentore dà i primi preziosi insegnamenti, svela le prime arti, insegna a muovere con più sicurezza in quello strano nuovo mondo, a rendere presenti all’Eroe le risorse che egli già possiede, senza saperlo. Spesso,  insegna in modo misterioso, per nulla chiaro all’eroe-allievo… ma a tempo debito ogni cosa si chiarirà…

GLI AIUTANTI MAGICI
Fin dall’inizio del cammino, e talvolta prima ancora della soglia, l’Eroe incontra figure benevole che lo aiutano… spesso lo accompagnano solo per qualche passo, talvolta lo affiancano a lungo. In ogni caso, gli sono di conforto e d’aiuto… un consiglio prezioso, un oggetto importante, una conoscenza di valore… spesso addirittura sovrannaturali…
Sembrano apparire dal nulla, e per questo vengono chiamati “aiutanti magici”, eppure sono una presenza immancabile per ogni Eroe che si trova sulla strada del proprio destino…
Nelle leggende dei santi cristiani, questo è il ruolo della Vergine, che può intercedere presso il Padre per averne la benvolenza; Arianna che dona il filo a Teseo, permettendogli di uscire sano e salvo dal labirinto del Minotauro.

IL SENTIERO DELLE AVVERSITÀ
Con il sapere estratto dal Mentore, ed i consigli degli Aiutanti magici, finalmente inizia il vero e proprio cammino, ove il mondo appare sempre più ambiguo ed incomprensibile… l’Eroe viene sfidato a sopravvivere, a superare orribili ostacoli, e, nel fare questo, la sua coscienza aumenta; infatti, le prove sono simboli dell’iniziazione ai misteri della vita, ed il loro superamento simboleggia l’auto-realizzazione dell’Eroe, che diventa sempre più consapevole di sé e del suo potere.
Spesso, durante il periodo delle Avversità o appena prima di esso, l’Eroe incontra una figura misteriosa, l’Oracolo. Esso ha delle conoscenze cruciali per il successo dell’Eroe, chetrascendono ciò che la mente, da sola, può conoscere. Il linguaggio dell’Oracolo è misterioso… simboleggia quanto nel profondo l’Eroe sa del suo essere più autentico… per comprenderlo, deve accedere alla sua più autentica profondità, ad un nuovo livello di coscienza… ove l’interpretazione delle parole dell’Oracolo diventerà persino evidente
Nell’antichità, gli oracoli, il più famoso dei quali era quello di Delfi, erano sempre interpellati prima delle battaglie o delle decisioni cruciali.

SULLA STRADA DELLE AVVERSITÀ
Sulla strada delle Avversità, l’Eroe viene messo alla prova… cosa è che scopre davvero, decidendo di affrontare a viso aperto il pericolo, il rischio, la sfida? La propria insospettata Forza; l’Avversità è un rito di iniziazione, ma anche di “illuminazione”, svelando ciò che è presente nell’Eroe, senza che lui stesso ne fosse consapevole.
La “Terra Promessa”, il punto d’arrivo, qua e là si svela, per brevissimi attimi…
A questo proposito, Matrix offre splendide metafore…
In molti racconti e religioni, l’Eroe è letteralmente fatto a pezzi, muore, almeno simbolicamente. Raggiunto il fondo, l’avventura sembra conclusa nel fallimento.
La vicenda di Gesù Cristo è un esempio potentissimo.
La morte dell’Eroe ha un enorme valore simbolico: colui che apparirà “al di là della morte” non sarà, semplicemente, un Eroe con più poteri, più conoscenze, ma un autentico Uomo Nuovo, del tutto trasformato, pienamente consapevole della completa trasformazione che ha avuto. Completamente se stesso.
Con la Rinascita, spesso ci sono due interessanti temi: “L’Incontro con la Dea” e la “Redenzione con il Padre”.

L’INCONTRO CON LA DEA
L’Eroe, rinato, pienamente consapevole di sé, incontra la perfetta amata. In molti racconti classici, ciò è simboleggiato dal Matrimonio Sacro, che nelle Favole classiche è un tema simbolico ricorrente, il culmine.

Anche nella vicenda della Madonna, nella cristianità, il concepimento senza peccato può essere pensato come unione perfetta del femminile e del maschile Divino: come dice Campbell “rappresenta la donna che riceve l’ispirazione di creare nuova vita, attraverso una presenza divina”.

LA REDENZIONE CON IL PADRE
Tema importante e frequentissimo, vero e proprio rito maschile di passaggio. L’Eroe, separato dal proprio Padre, ha vissuto un’esistenza inadeguata alla propria eredità, quindi alla propria eternità, al simbolo stesso della sua vita.
Ad esempio, Achille visse a lungo come una fanciulla, Parsifal come un contadino; Mosé si trova tra “la gente sbagliata”, in Egitto, e deve conquistarsi la strada per rincontrare il Padre.
La figura femminile può essere la guida, oppure è l’ostacolo che blocca.
Nella cristianità, con la Crocifissione, il Figlio va direttamente al Padre, e la Madre, ai piedi della croce,  ne simboleggia la guida.

Nella saga di Guerre Stellari, Luke Skywalker, il figlio, rischia la vita per redimere il padre…
Scrive Campbell ne “L’Eroe dai Mille Volti”:
Ogni incapacità a fronteggiare una situazione nella vita va considerata, in fondo, una limitazione di conoscenza.Guerre e Rabbia sono prodotti dell’ignoranza; i Rimpianti sono rivelazioni giunte tardi.
Il vero significato del mito dell’eroe universale è la regola generale che dà a uomini e donne, su qualunque gradino della scala essi si trovino.
[...]
L’individuo deve semplicemente scoprire la propria posizione rispetto a questa regola umana generale e lasciare che essa lo aiuti a scavalcare le mura che lo circondano.
Chi e dove sono gli orchi? Sono le proiezioni degli insoluti enigmi della propria umanità.
Cosa sono i suoi ideali? Sono i sintomi della sua comprensione della vita.
[...]
La difficoltà maggiore sta nel fatto che il nostro concetto di ciò che dovrebbe essere la vita raramente corrisponde a ciò che la vita è realmente.
[...]
Preferiamo profumare, imbiancare, e reinterpretare, illudendoci che la mosca nella pomata, il capello nella minestra, siano colpe di qualcun altro.
L’APOTEOSI
L’Eroe ha superato le Avversità. Dilaniato, è morto e rinato. Ha reincontrato il padre, si è con esso riconciliato; ha incontrato la Dea, il proprio ideale, e riconcilia così il proprio lato maschile con quello femminile.
Infine – l’Apoteosi! La trasformazione è completa, egli è pienamente se stesso e consapevole.
Lo dimostra l’ultima prova che deve affrontare, superata con assoluta facilità; laddove il “classico” Eroe sente una vera e propria prova, colui che ha raggiunto l’Apoteosi non incontra alcun ostacolo, non commette errori.
La prova finale del Buddha, quando raggiunge l’Illuminazione, è una metafora straordinariamente potente.
Kama, Il Signore della Lussuria, lo sfida con tre tentazioni, mandando tre stupende fanciulle: Desiderio, Realizzazione e Rimpianto.

Il Buddha, però, non si identifica più con il proprio ego, ma con il Sé Universale, la Coscienza. Rimane immobile.
Kama, folle di rabbia, si trasforma nel Signore della Paura, lanciandogli contro l’arsenale di una spaventosa armata.
Il Buddha, però, non è più una “persona”, non si spaventa. Si identifica con tutto ciò che succede, fenomeni insignificanti come lance e spade non possono distoglierlo.
Kama, in apparenza battuto, presenta con astuzia la terza tentazione: il Dovere. “Giovane Uomo, stai seduto sotto questo albero, ma tu sei un Principe! Perché non governi il tuo popolo? Perché non sei sul trono al quale appartieni?”
Neppure questo mosse il Buddha. Abbassando il suo dito, tocca la Terra. Invoca la Terra, la Natura stessa, a rendere testimonianza che lui È – con la sua SEMPLICE PRESENZA è al centro stesso del Mondo. Con ciò, ha adempiuto ai propri doveri.

Avendo così l’Eroe raggiunto l’Apoteosi, e la conoscenza che ne deriva, come si metterà in relazione al mondo da cui è partito? La risposta è ne IL RITORNO.
Spesso si pensa all’Apoteosi come al culmine del Viaggio dell’Eroe… cosa mai resta dopo il raggiungimento di una particolare saggezza, o potere, o rivelazione, che l’Eroe infine domina e vive?
Il Ritorno: una sfida, se possibile, anche più grande…!
L’Eroe vive subito una tremenda domanda: come tornare indietro al mondo da cui è partito, ed insegnare ciò che ha compreso? Come fare a tradurre in parole l’esperienza, la comprensione grandiosa che ha avuto?
E’ un compito immane: è come descrivere una realtà tridimensionale in una fotografia…
Come fare a parlare del valore assoluto della sua comprensione alle persone, che insistono sull’evidenza esclusiva dei propri sensi?

L’Eroe si chiede: Perché mai tornare in un mondo simile? Perché tentare di rendere plausibile o interessante l’esperienza che ha avuto a persone che non se ne interessano?
L’Eroe può persino sentirsi fondamentalmente uno sciocco davanti agli altri uomini indifferenti.
La scelta più facile è di mandare all’inferno l’intera comunità umana e ritirarsi nella caverna, nel luogo che rappresenta il suo sapere, e richiudere in fretta la porta.
Quindi, ora sa che, se dovesse decidere di tornare là da dove è partito, dovrà nuovamente superare una difficile soglia, non inferiore a quella da cui è partito.

L’idea del Ritorno è che l’Eroe riporti nel mondo il suo potenziale, prima inespresso che ha saputo far emergere. Questo tesoro va preso, ed integrato nuovamente in una vita “normale”, “razionale”.
Immaginate che un giovane, desideroso di diventare un famoso artista, lasci il suo paesino in provincia, si rechi in una grande metropoli, magari all’estero, ove incontra un grande artista che lo accetta come discepolo… e che il nostro giovane, dopo anni di duro lavoro, apprendimento, delusioni, riesca finalmente ad emergere con un suo, proprio stile.
Finalmente, eccitato, apre la sua prima personale mostra d’arte, non vedendo l’ora di mostrare al mondo ciò che ha da offrirgli. E qual è la reazione del mondo?… Il più assoluto disinteresse verso il tesoro che il nostro giovane amico ha fatto emergere…
Qui, sono possibili tre reazioni. La prima, è di mandare tutti all’inferno, abbandonare la propria strada e tornarsene al paesello, con la coda fra le gambe. Questo, è il “rifiuto del ritorno”.
La seconda, è chiedersi “che cosa vogliono gli altri?” ed iniziare a vendere agli altri ciò che essi vogliono… bene, il nostro amico ha sviluppato l’abilità commerciale, sa vendersi, e continua a dirsi “va bene, quando farò abbastanza soldi, farò ciò che davvero mi interessa”, e questo naturalmente non succede mai, perché nel frattempo ha creato un ostacolo alla propria creatività che viene pian piano persa. Se non altro, ha una vita prestigiosa e riconosciuta. Questo è il “ritorno come inteso dalla società e dal senso comune”.

La terza reazione consiste nel cercare un modo, un’espressività, un vocabolario, per trovare il modo di fare breccia negli altri, perché essi accettino il dono nella misura in cui sono in grado di riceverlo. Questo, richiede un elevato grado di comprensione degli altri, ed infinita pazienza e creatività.
Joseph Campbell: “se riuscite a fare anche un solo piccolo passo nella società, con il messaggio che avete, riuscirete anche a comunicarlo per intero. Io, questo lo so!”

Bene, dal prossimo post inizierà il tuo personale Viaggio con l'eroe. Comincia a spolverare la spada... (cercando di farti qualche taglietto: sai, l'iniziazione...).