mercoledì 24 novembre 2010

MING POP & MINCULPOP






MING POP & MINCULPOP


Dura minga. Che lo dica Bossi o il ‘Boss’ (e non parlo di Springsteen, il Bruce di Born in the USA), non può durare… Non può durare oltre l’autunno (fall), né tanto meno oltre l’inverno (winter). Figuriamoci in primavera (spring)… E dopo la caduta (fall)? Rise and fall per dirla con Sting. Meglio ancora, fall and rise!  
A proposito di fall e spring (che significa anche: sorgente), nello scudo con il simbolo della città di Springfield (parlo della Springfield dei Simpson, i cartoons a tutta filosofia), campeggiano la scritta "Corruptus in extremis" e la storica frase del fondatore: "un animo nobile titaneggia anche nel più piccolo degli uomini". Sì, titaneggia e tiranneggia (ma qui, da noi, l’uomo nobile di Meister Eckhart, il mistico dai sensi accesi, sfuma nel ‘berluskart’ spento, sia pure col fiammifero sempre acceso, degli ultimi tempi).
E le fiammiferaie? E la fiamma? Che dire, omnia munda mundis (e le immondizie a chi sappiamo noi). 
Comunque, un po’ di fuochi ci sono. Forse solo qualche focherello, ma c’è pure Granata (nomen est omen). Speriamo che durino a lungo, i vari granatieri. E se dura minga, allora non vale più la legge del menga. E basta con i bunga bunga: hanno stufato, sono ‘vaiassi’. E non sono nemmeno più ‘cult’ (e cool), come il bingo, del resto. Non ‘tira’ più, insomma, l’impero ‘ming’ (non quello cinese, anche se qualche ‘tratto’ – ‘tirato’ – rimane: soprattutto gli occhi, lo specchio dell’anima). E se non vanno più le balloon-tette o le labbra-cuscino, emblemi di questi anni da sballo 'imballato', non va più di moda nemmeno il minculpop del tir (nel senso più ‘camionistico’ del termine – senza offesa per i camionisti, quelli veri). O forse sì… il minculpop può risorgere (dopo il radical-chic gauche post sessantottino), ma in maniera del tutto nuova. Nouvelle vague. Soprattutto ora che Fini & co (compagni/camerati) si sono proposti, da droite, di rilanciare la cultura, già ‘bondage’ (nel senso di Bondi), per farla diventare davvero ‘pop’ e non solo ‘peep’ (nel senso di peep show: il guardonismo passivo, senza possibilità di interagire, tipico della televisione ‘commerciale’ berlusco-style). D’altronde, la cultura è sì, soprattutto, a Sinistra, ma anche a Destra, se quest'ultima si toglie il ‘burka’ del conformismo e abbandona il forforoso limbo borghesuccio dei nanetti da giardino (mens vana in corpore nano– l’ho sentita proprio oggi a Radio Capital), può dire qualcosa: del resto, Saviano non cita forse Céline, Pound ed Evola?
E vola, vola, vola, vola e vola lu cardille, nu vasce a pizzichille… Volare, valere, vagliare, vegliare. “L’uomo è due uomini contemporaneamente: solo che uno è sveglio nelle tenebre e l’altro dorme nella luce.” È come un sonnambulo o, peggio, un robot: aspirato dai suoi pensieri, dai suoi ricordi, dai suoi desideri, dalle sue sensazioni, dalla bistecca che mangia, dalla sigaretta che fuma, dall’amore che fa, dal bel tempo, dalla pioggia, dall’albero vicino, dalla vettura che passa...” E con la testa che si svuota appena “chiude bottega”… La prima citazione è di Gibran, lo scrittore ‘mistico’ (a rischio 'miele', non tanto per colpa sua), la seconda è di Gurdjieff, l’esoterista (a rischio 'fumo'). E la testa che si svuota… è quella di un personaggio della Nausea di Sartre e non solo, oggi dilagano (citazioni tratte dal mio Prendi la PNL con Spirito! En passant – comunicazione di servizio per i ‘naviganti’ – è appena uscito il seguito, più ‘concentrato’: Che cos’è la PNL. Come vincere ansia, fobie e dipendenze – Sovera editore). Comunque, basta col “sonno ipnotico”… Anch’io, per dirla con Chuck Palahniuk (quello di Fight Club): “… per anni ho desiderato addormentarmi. Quella parte dell’addormentarsi che è spegnersi, rinuncia, disfacimento. Ora dormire è l’ultima cosa che voglio.”
Ma sì, è tempo di risvegliarci e ‘fare anima’ (ma che non sia la solita melassa). Fosse pure all’anima de li…. Anche se, per dirla con Ronald Laing: “… se la psiche è l’anima, e l’anima è il mondo della nostra esperienza … essa ci fa paura. Non ne vogliamo troppa (di anima) o troppe varietà: la vogliamo ridotta a percezione e immaginazione terrene, niente sogni a colori…” Ma tu… colora il tuo mondo! E riempilo di parole, di quelle ‘creative’ (come il fiat divino). Jung, parlando dell’opera di trasformazione delle cose operata dalle parole e dalla narrazione dei fatti, afferma:
“… le parole agiscono solo perché trasmettono un senso o un significato; in ciò consiste la loro efficacia. Ma il ‘senso’ è qualcosa di spirituale. La si chiami pure ‘finzione’… Ma con una finzione noi agiamo in modo infinitamente più efficace che con preparati chimici (…) anzi agiamo perfino sul processo biochimico del corpo. Ora, sia che la finzione si produca in me sia che mi venga dall’esterno per mezzo della parola, essa può farmi sano o malato; le finzioni, le illusioni, le opinioni sono le cose più intangibili, più irreali che si possano immaginare, eppure da un punto di vista psicologico e perfino psicofisico sono le più efficaci.”
Parole e fatti, logos parole ‘pensate’ e rhema parole ‘efficaci’, calibrate: chi parla bene, pensa bene! Ma che non parole, parole, parole… mi consenta. Non flatus vocis, ma fiat’ (anche porsche…) vocis. Parole parche, asciutte, barocche, brut, purché senza perché, perché, perché… “Le parole, se cariche di ‘spirito’, se usate ‘strategicamente’ (fosse pure con l’utilizzo di stratagemmi e finzioni verbali), sono il più potente agente di cambiamento psicofisico che si conosca…” Su, parliamone!

 








domenica 14 novembre 2010

KKK: KAOS KARIMA KOSMOS


 (KULTUR vs ZIVILISATION)

«I ragni» dice Tyler, «fanno le uova e le larve si innestano nella pelle. Tanto per dire quanto può essere brutta la vita.»  Ragni, tarantole, tarantelle… Arlecchini e pulcinella.  Mancano i Pierrot… No, burlesque, ci sono: sia quelli ‘antichi’, maestri di astuzia e doppiezza, sia quelli tristi, melanconici, innamorati della luna. Anche se adesso vanno di moda i primi. Ma c’è chi fa la tripletta: i tempi sono maturi per scartare l’avversario e fare goal. Sì, c’è sempre chi ti fa lo sgambetto, chi insiste con la melina, chi cerca di farti andare in fuorigioco… ma se sai fare i dribbling e sai tessere la tua ‘ragnatela’ anche tu potrai fare le tue uova le uova del drago. Quelle di Buttafuoco (di nuovo 'smarcato)? O di Draghi (marcato a vista)? Boh, purché non siano drogate. Di polvere ce n’è fin troppa. E questa volta potrai partorire, non più larve, ma nuove idee, sia pur embrionali: d’altronde, l’uovo è simbolo di rinascita. Di rinascita cosmica (basta con le comiche e il coma assistito). E per un papi che esce c’è una ruby che entra. Del resto, meglio Ruby (mora) che papi chulo (non è più cool).
«Quando Tyler ha inventato il Progetto Caos, Tyler ha spiegato che lo scopo del Progetto Caos non aveva niente a che fare con il prossimo. A Tyler non importava se qualcun altro si faceva male o no. Lo scopo era far prendere coscienza a ciascun partecipante al progetto del potere che ha di controllare la storia. Noi, ciascuno di noi, possiamo assumere il controllo del mondo. È stato al fight club che Tyler ha inventato il Progetto Caos.» Sì, la possibilità di assumere il ‘controllo’. Innanzitutto, di noi stessi, poi delle situazioni intorno a noi, poi del mondo… Per fare questo, come sostiene il pensiero ‘strategico’ (il cosiddetto “costruttivismo radicale”, la stessa PNL), è necessario che si passi dal ‘cogito-centrismo’, ossia dalla centralità del pensiero rispetto alle azioni (l’insight, la ‘coscientizzazione/razionalizzazione’ dell’agire, lo scavo nelle profondità della psiche, ecc) all’”action now”: prima bisogna cambiare l’agire, poi, successivamente, una volta che si è modificato il pattern percettivo–reattivo (ossia, si sono raggiunti risultati concreti), sarà molto più facile e produttivo modificare il pensare dell’individuo (e i relativi comportamenti: la Weltanschauung – visione del mondo – complessiva). Quindi, prima la forma (il cambiamento della ‘cornice’, il reframing), poi la funzione. Infatti, solo dopo che si è attuato il cambiamento, la cognizione consentirà di ripeterlo e applicarlo consapevolmente a tutte le situazioni, vecchie e nuove. Insomma, agiamo! Cambiamo! Give change a chance! Mutiamo prospettiva e punti di vista: l’importante è iniziare, sia pure con piccoli passi: anche un elefante può essere mangiato… – a piccoli bocconi, e non in solo giorno. In definitiva, prima la prassi (un po’ di scosse al ‘potere’), poi la teoria (il ‘manifesto’ del ‘partito’). È qui il senso della ‘bellezza’ del cambiamento.
“La bellezza è lo scarto che c’è tra lo stato di natura e quel ‘di più’ a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l’ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi l’abbiamo dissociata. Il mondo, scriveva ne ‘L’idiota’ Dostoevskij, sarà salvato dalla bellezza. Una profezia che sembra ormai essersi rovesciata. Perché il culto della bellezza – sfruttata dal mercato, amplificata dai media, ostentata dal potere – produce un mondo che non è mai stato tanto brutto (…) A tal punto da ritenere che solo ciò che è bello abbia valore, sia degno di essere apprezzato, comprato, votato. Siamo tutti vittime di questo abbaglio. Perché si tratta di un'idea di bellezza vuota che si concretizza nel trionfo del brutto. In questo senso, più che salvare il mondo, la bellezza sembra averlo condannato. Come si è imposta una simile ideologia? La bellezza muore quando perde il legame con ciò che è buono e con ciò che è vero. E se non è più capace di fare cenno ai valori etici e morali diventa un guscio vuoto, appunto, qualcosa che inseguiamo solo per affermare noi stessi. Ma cos'è la bellezza, qual è il suo significato più autentico? È la cosa più inutile che esista, ma di cui non possiamo fare a meno. Senza bellezza perdiamo la nostra umanità, siamo ridotti allo stato di natura. E come insegna il mito biblico della caduta, lo stato di natura non è affatto il luogo da cui proveniamo, bensì quello in cui siamo stati cacciati. E dal quale perciò dobbiamo uscire. Ecco, la bellezza è lo scarto che c'è tra lo stato di natura e quel 'di più' a cui siamo chiamati per essere davvero uomini. La bellezza è l'ideale che ci ricorda che non siamo fatti per vivere come bruti. È per questo che gli antichi la legavano al Bene e al Vero. Noi l'abbiamo dissociata.” (Sergio Givone).
Gottfried Benn, invece, aveva fatto centro: “Lo stile è superiore alla verità: reca in sé la prova dell’esistenza.” Sì, anche nelle cose quotidiane occorre tornare al ‘Grande Stile’ (anche, e soprattutto, quando è minimal, brut). Per poi stilettarlo. Sfregiarlo, sfrangiarlo, friggerlo. Eros, eresia, eroismo, arte, ieraticità. Stile come humanitas. E areté. Se si vive con stile, si può facilmente passare dal baroque al minimal (anche al burlesque). Ruby ne ha in sé (almeno in fieri) le capacità, Noemi e Berluska temo di no (ma mai dire mai). Chi ha un’origine ‘antica’,  ancestrale, di ideali ‘solidi’ (ancorché immobili o deteriorati e ‘ammuffiti’), come nel caso di Karima (il ‘passato’ di Ruby), rimane comunque in perenne tensione – roccheggiante – tra archetipo e futuro adveniente. E può ‘salvarsi’, pur rinnovandosi. L’importante è coniugare kalòs e agathòs: bene e bello, arte e tecnica. “Quando l’arte novecentesca, sovrastata dal sapere scientifico e dalla massificazione antielitaria dei processi di produzione industriale, incomincia a perdere la sua funzione di educazione estetica, di formazione del gusto, di relazione identitaria con i sentimenti, le passioni, la religiosità di un popolo, finisce per diventare un esercizio retorico individuale, ipersoggettivo, nichilista. L’arte non ha più nessuna funzione, e così pure quell’arte che si chiama architettura.” (Stefano Zecchi).
Come in alto, così in basso; a destra come a sinistra, volti verso il futuro ma con la memoria del passato. Amanti del nuovo, ma sensibili al fascino ‘antico’. Moderni e antimoderni, ossimorici anche nell’arte e nell’architettura. Minimalisti ma pur gaudenti (dello ‘stile’, e stiletto, alla Gaudì – santo subito! e alla Frank O. Gehry. Ed è qui, nello stile, che il Berluska casca – non solo qui, a onor del vero…). La triade vitruviana firmitas, utilitas e venustas (con la concinnitas a far da volano) deve far da pendant alla triade baudelairiana “lusso, calma e voluttà”. L’architettura, come per Cecil Balmond, poliedrico guru dell’ingegneria, è “molto più che costruire edifici. La struttura dà significato alle cose. Persino quando devi sostenere una discussione a parole, se non hai la struttura, non hai nulla.”
Bisogna, alla fin fine, essere ben strutturati (anche nella de-costruzione). Soprattutto in filosofia (di vita). A Mammona bisogna preferire Sophia!


sabato 6 novembre 2010

RUBY MAIOR NOEMI CESSAT


RUBY MAIOR NOEMI CESSAT

"Uso la scrittura per sopravvivermi"... Mi piace! Così il buon Francesco di Entradentro, ‘entrato’ nel mio SHOP SHAPE SHAKE SHARK… SHOT!, commenta l’aforisma di Mauro Corona (la frase a dire il vero l’ho carpita mentre, zigzagando in tivvù, ero caduto nel salotto di Daria Bignardi, lì dove lo scrittore del Bosco antico aveva momentaneamente messo le tende). Che dire, forse per entrambi il blog è un mezzo per ‘sopra-viverci’… Per dirla con Emily Dickinson: “Avanzavo di asse in asse con lentezza e cautela / le stelle percepivo intorno al capo il mare intorno ai piedi. / Non sapevo se il successivo sarebbe stato l’ultimo pollice – ciò mi conferiva quell’andatura precaria che alcuni chiamano Esperienza.”

Si, esperienza, andatura precaria o corse all’arrembaggio (del bastimento: Arcore o ogni altro hardcore che avanza – nel senso di ‘avanzati’, ammuffiti, sia pur porcellanati fuori. Basta poi tirare lo scarico).

Polvere di stelle. Smoke gets in your eyes. La ragazza dagli occhi di cielo stava per imbarcarsi su “una cometa di polvere bianca” (quella ‘tirata’ dalle pagine di Jay McInerney, il pocket pronto in borsetta tra un defilè e l’altro): lei l’unico membro dell’equipaggio – hostess e pilota –, in riga oltre che in linea. Diana, l’ultima delle matrioske in ballo, rollava in pista e, in attesa di prendere il ‘volo’ (e imbucarsi), scaldava il motore (ma qui non era roba da accendini): tutto era pronto – in tiro – per l’aspirante modella (una tipa top alla Brigitte Bulgari) scivolata “in bagno a sniffare una bella riga di Tiramisù Boliviano.” Dalla padella alla brace. Bruciava di voglia. Voglia matta. Mille luci a New York, in brodo di giuggiole in Florence. Arno d’argento, pendente d’oro bianco (il lettuccio di ‘biancaneve’ al collo di Diana, la ‘magica’ biondo-platino e bianco-vestita), occhi di brace (le pupille, infuocate). Voglia di vivere, ansia da morire. Ma doce doce. “I fatti sono semplici, i fatti sono fatti / I fatti sono pigri, i fatti sono matti / I fatti dipendono dal punto di vista / Se non fai attenzione ti portano fuori pista.” (da Gocce di pioggia a Jericoacoara)

I fatti: Ruby e Noemi. A Ruby piacciono Khalil Gibran, Khaled Hosseini, Sigmud Freud e Hermann Hesse. E a Noemi? Boh… Tutto tace. Avrà letto almeno Caos calmo? Forse, il suo è solo caos, o cosmos (nel senso di cosmesi – tocchi e ritocchi). D’altronde, Ruby sale, Noemi scende… Speriamo che valga ancora il motto: mens sana in corpore sano (il corpo c’è). A proposito di Kahlil Gibran, il poeta libanese ebbe a scrivere (l’ho pescato sul web): “Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto”.

Sì, mens sana in corpore sano… “C’era una scimmia, irrequieta per natura, come tutte le scimmie. Come se questo non fosse abbastanza, qualcuno le fece bere molto vino, così diventò ancora più irrequieta. Poi uno scorpione la morse. Quando un uomo viene morso da uno scorpione salta per un giorno intero; è così la povera scimmia stava peggio che mai. Per completare la sua infelicità, un demonio si impadronì di lei. (…) La mente umana è come quella scimmia: incessantemente attiva, per natura; si ubriaca poi con quel vino del desiderio, aumentando così la sua turbolenza. Dopo che il desiderio ha preso possesso di lei viene, come il morso dello scorpione, l’invidia del successo altrui, e per ultimo entra nella mente il demone dell’orgoglio, facendole credere di essere molto importante. Com’è difficile controllare una mente simile!” (Swami Vivekananda). Invidia per il successo altrui, orgoglio, la presunzione di essere importanti… Tutti temi di questi giorni, da Arcore ad Avetrana… Gli ultimi giorni di Pompei.

È dolce la stagione della raccolta, quando il guardiano è lontano (Plutarco)