martedì 16 marzo 2010

SLOWTIME

ELOGIO DELLA PARESSE (AGAIN)


Ieri si è celebrata la “giornata della lentezza” (ne scrivo solo oggi, ma, si sa, sono un po' ...lento; meglio: slow. Di fast mi piace solo "Fast Love" di George Michael).

Lento pede lenta anima. Sì, l’anima, già allenata a correre di buona lena, ora allentata dalle tensioni, svincolata dalle pressioni del teatro sociale (un teatrino con tanti figuranti, comparse e 'figurine', nessuna primadonna), si predispone a correre nuda verso la meta. Anima nuda senza le maschere dell'Io abbracciata all’anima mundi. Sì, c’è necessità che la tua anima individuale s’immerga nell’anima del mondo: se finora la maggior parte delle anime (le ‘animelle’) ha nuotato solo sul pelo d’acqua dello stagno, la tua è andata per altri lidi e ha fatto delle immersioni in mari più profondi, dove ha fatto i primi incontri con la tua essenza. Ma non ha ancora conosciuto gli abissi della conoscenza, i vortici dello Spirito.

Solo quando la tua anima cavalca l’essenza può scendere nelle profondità abissali dell’Essere e può trascendere ogni altezza del Divenire. E può ‘vincolarsi’ perennemente al punto di flesso della "curva di flusso" dell’Esistenza (personale e cosmica), ossia nell’Aion, lì dove il tempo della vita (il Chronos) entra ed esce dall’eternità. E così il tempo, fino a questo momento acerbo, è oggi giunto a maturazione e stilla per te gocce di Kairòs: il tempo propizio ha pensato bene di fermare le lancette del Chronos, del tempo qualunque (e qualunquista). Ed ecco che nel tuo tempo, sospeso, le sensazioni fisiche, epidermiche, tattili, cutanee, s’intrecciano sempre più con le vibrazioni scaturenti dal profondo; non solo dell’anima, del midollo, dello spirito, ma sgorganti dalle profondità pelagiche del tempo, dei tuoi tempi...

Medita, fermati un attimo e ascolta il tuo Dio. Vedrai (e ‘sentirai’) Nietzsche flirtare con Plutarco... Sì, quando ti soffermi, fermi il tempo cronologico e cominci a meditare (per esempio sulle frasi, sulle singole parole, sui suoni del mio blog: è fatto apposto per dialogare con l’anima e farti venire a galla il tuo Diodentro), passerai dalla vita alienata dalla tua sorgente interiore – monotonamente scandita dal Chronos, vissuta nella cronica cronaca quotidiana, piena di sincronismi spesso non avvertiti, vestita con le variopinte maschere della società, confinata nei suoi vestiboli – a una nuova vita (e buena vida), in cui ‘miracoli’, coincidenze ‘fortunate’ e incontri ‘trasformanti’ (con persone ‘straordinarie’) saranno all’ordine del giorno (anche perché, essendo cambiata la tua concezione del tempo, vivrai nel “tempo del sogno” e nel “mondo immaginale” – quello dei ‘profeti’ che però per te sarà reale!). E così sentìrai l’akedia – l’accidia, il mal di vivere che spesso ti assaliva come il demone di mezzogiorno – lasciar definitivamente il posto all’otium (il “dolce vivere”) e a una ‘santa’ arroganza: scoprirai così, insieme alla dolcezza della paresse, anche, paradossalmente (ma l’ossimoro è una ‘risorsa’), l’elogio della riuscita.

In questo modo il tuo vivere quotidiano, anche quando è celeri pede, vive l’eulogica lentezza dell’aion. E così riuscirai a fare ogni cosa senz’affanno… Sì, vivi l’otium (d’altronde sono della molle Tarentum…) e torna ai ritmi lenti. Lenti ma rock. Finalmente… Nell’‘Economia dell’ozio’, il sociologo Domenico De Masi ricorda. «“Al pittore David, che gli chiedeva come preferisse essere ritratto, si dice che Napoleone abbia risposto: “Sereno su un cavallo imbizzarrito” (…) Imbizzarriti su cavalli sereni ci appaiono, invece, molti intellettuali di professione, molti studenti assillati dalla fretta di apprendere, molti moderni capitani d’industria con le coorti di manager che – punk in doppiopetto – praticano oggi le virtù marziali e contagiose della competizione globale.”

Se sei ‘marziale’ (il carattere ha le sue ‘incisioni’ in te), inciditi (con la forza del desiderio – e agendo ‘come se’) delle linee dionisiache, poi apollinee, e perché no venusiache (mi verrebbe da dire veneree, ma non voglio osare troppo...). In questo modo avrai tante possibilità di scelta e tanti interessi. Non voglio ripetermi, ma visto che sto vivendo, almeno oggi, un tempo circolare (da domani sarò una freccia – lenta sì, ma mirata a far centro), ripesco nel mio mare interno (del web) e ti ripeto: c’è sin troppa gente che riempie la giornata con tante corse inutili dietro al nulla. Non il Nulla, quello con la maiuscola, il Nulla mistico in cui il ‘Dio nascosto’, l’En Soph, frantuma il diaframma che lo cela alla vista degli uomini; non la ‘corona eccelsa’, il cratere magmatico in cui tuffarsi per riemergere bagnati di vera vita, ma il nulla minuscolo, quello che sarebbe mille volte meglio riempire con un ozio produttivo. Tempi di pausa o attese sgradite, sfibranti (alla posta, all’aeroporto, tra un impegno e l’altro), da riempire, piuttosto, con qualcosa di ‘significativo’, di vibrante, dissonante. Innanzitutto, letture: non diceva forse Isidoro di Siviglia che la crescita dello spirito deriva dalla lettura? E il cardinale Martini: “in una mano la Bibbia, nell’altra un giornale.” Per non parlare di Bonhoeffer: “la Bibbia sul pulpito, al lavoro, sull’inginocchiatoio…”

Ma torniamo alla lentezza (la lentezza della poesia ci salverà dalla frenesia del mondo…), al pathos della distanza contro il bieco e cieco (nonché 'plebeo', figlio della platitude) pathos dell’attivismo. Le pause non sono inutili, sono i momenti più produttivi della giornata e della vita! La pausa è azione. Recuperiamo, diluito ogni giorno, lo shabbat, il riposo, l’otium, il sabato divino. Che non è ancora terminato. Ed è anche lui buono. Shalom! Approfittiamone per meditare, fare abbozzi di programmi per cambiare la nostra esistenza (ed essenza). Diamoci anima e corpo alla cultura, agli altri, allo sport, alla danza. Dai, alunno mio, alunna mia, divertiti, gioisci, godi…

“La fiducia in se stessi è l’essenza dell’eroismo.” Supererai, d’ora in poi, l’antitesi tra spirito e sensi, e, trasfigurato e sublimato da questa speciale ebbrezza, libero dal passato e dal futuro, sentirai di essere destinato al successo. Conquisterai, senza fatica (basta la forza del desiderio altri la chiamerebbero preghiera… D’altronde, è il tuo spirito, la tua essenza, che prega al posto tuo…), una nuova fiducia in te, scaturita dalle sorgenti dell’essere: una forza pelasgica, un’‘emersoniana’ self-reliance in divenire (e per l’Avvenire), il tramonto di ogni passato, l’emergere di un nuovo Sé, un far sì che i morti seppelliscano i loro morti.

Il terribile è accaduto…



lunedì 8 marzo 2010

IF I WAS YOUR WOMAN

IF I WAS YOUR WOMAN


Otto marzo: If I was your woman… Non dico Alicia Keys, ma almeno Rihanna… No, sono e rimango solo e sempre Nike (Lothar il mio avatar – ma giace nel profondo della mia essenza). Ke dire… lascio che parlino le parole bagnate da alcune Gocce di pioggia a Jericoacoara, il mio romance iniziatico “derviscio rotante”, tra non molto sugli scaffali (spero non polverosi). Polvere d’angelo. L’angelo? La donna. La polvere? Adamo… (dopo che da lui si staccò Eva).

Uno scuotimento sexy alla vieppiù folta capigliatura (la tundra si faceva sempre più selva) e Lorenzo riprese la ciclopasseggiata nei meandri del sapere (Sofia e Lorenzo – Sophia Loren… erano un binomio inscindibile).

«E queste sono solo alcune chicche. Ma il Cantico dei Cantici è un vero e proprio vigneto: “Sposa mia, le tue labbra stillano miele, miele e latte sono sotto la tua lingua … quanto dolci sono le tue carezze … il tuo ombelico è una tazza rotonda, dove non manca mai vino profumato.” È un vero e proprio invito alla continua ‘trasgressione’ (o ‘ingresso’) d’amore. Un sentimental tour: “Vieni, amico mio, usciamo ai campi, passiamo la notte ai villaggi! Fin dal mattino andremo nelle vigne; vedremo se la vite ha sbocciato, se il suo fiore si apre, se i melagrani fioriscono. Là ti darò le mie carezze.” Che apertura… Che boccioli, che bocce, che brecce… La brocca che si rompe al soffio della brezza… D’altronde, non è lo stesso Paolo a suggerire a marito e moglie di ‘stare sempre insieme’? Simeone il Nuovo Teologo – ce lo ricorda Panikkar, il teologo che porto sempre con me nella borsa da mare – affermava che deve dimenticarsi della vita eterna chi non la vive già qui. Ma vivere qui è vivere il qui e ora. Il salato ma anche il dolce (stando, però, attenti al diabete…). Sì, vivere il mondo. Non ci scordiamo che anche Calvino – che pure non era un viveur – ammoniva a non disprezzare la vita e a far uso, invece, dei beni di questo mondo. Magari, alla san Paolo, usandoli come se non li si usassero. In ogni caso, egli diceva, Dio ha creato le cose come doni, non solo per soddisfare alle nostre necessità, ma anche per nostro diletto e ristoro.” Parole dell’arcigno riformatore, il Lancillotto di Ginevra.»

«Touché... Semel in anno licet insanire: una volta all’anno è lecito far follie – ammonivano gli Antichi. Ma io ti dico, esagera!»

Galatea spezzò il filo troppo lungo delle argomentazioni di Lorenzo e vi annodò la cordicella, di grana grossa, della sua trama.

«Ti ridico: esagera! Fin qui sei stato eccessivo solo nelle parole. Ma i fatti ti contraddicono. Almeno nella sostanza. Quello che tu dici è vero, ma non ha avuto seguito. Sai bene che il giudaismo, l’islam e il protestantesimo sono tre religioni nemiche del piacere, ma anche della bellezza. Della bellezza e, diciamolo pure, della cultura. Ti faccio un solo esempio, e ti basterà: Ipazia, la matematica e filosofa greca. Massacrata ad Alessandria da una massa di esagitati cristiani. Era il 415: l’età classica stava passando, ahimè, il testimone all’oscurantismo cristiano. E Ipazia era troppo bella e colta per la barbarie del volgo messianista. I cristiani, bigotti, ignoranti e cattivi dentro (e fuori) com’erano, non trovarono di meglio che farla a brandelli a colpi di coccio e bruciarne i resti. Del resto, Ipazia era troppo grande per quella pletora di nanerottoli.»

«Ma Gesù non avrebbe fatto così, anzi! Pensa all’adultera… E poi, rimanendo ad Alessandria d’Egitto, ho letto da qualche parte che nella ‘scuola’ fondata, si dice, dall’evangelista Marco, ci fossero donne ispirate dallo Spirito Santo che profetizzavano, insegnavano, ‘iniziavano’ i maschietti ai ‘misteri’ di Cristo… E dall’école uscirono fior di ‘dottori’: due per tutti, Clemente Alessandrino e Origene. Purtroppo, è la ‘truppa’ cosiddetta cristiana, per non parlare dei capi, a comportarsi da ‘anticristi’. E questo, talvolta, accade pure oggi. Anche tra le nuove leve della fede, i pentecostali, i mistici prestati all’azione. Spesso tra loro ci sono dei veri e propri ‘carismaniaci’. Dei serial killer dello Spirito (ma loro pensano di essere dei ‘doni’ di Dio). Quantomeno, degli antipatici. La ‘struttura’ del pentecostale ‘tipo’ è, in effetti, fondamentalmente anti. Anticulturale, antimondano, anticattolico, antimoderno, anti... Ma è una camicia di forza messagli addosso dall’’ambiente’ evangelicale, non quello genuino, in-genuo, ma quello d’impronta codino-fondamentalista. Fatto è che il retroterra protestante non è sempre così… Tutt’altro, di lì sono partite battaglie di emancipazione fondamentali: quelle black, femministe, sociali, libertarie in generale E poi quella cafoncella e puritaneggiante è solo una struttura acquisita, non certo implicita nel pentecostalismo stesso: quello doc, nature, è, invece, nella sua dimensione più profonda e originaria, aperto, irenico e inclusivo nel senso migliore del termine. Anche ironico… È, ripeto, l’interferenza di elementi, abitudini, tradizioni, anche ‘strutture’ e ‘categorie’, del fondamentalismo, specie del neo-fondamentalismo, che ne è la deriva deteriore, a ‘colorare’ il pentecostalismo di tinte, striature e macchie non proprie. È un cristianesimo andato a male, rancido, quello che ispira la morale del ‘risentimento’ (e di “tutti gli altri all’inferno!”), che non ha la fonte nel Divino, ma nelle profondità di Satana (le altitudines satanae…). Il vero pentecostalismo e il vero cristianesimo sono belli. Belli e possibili. Parlano del Paradiso più che dell’Inferno. Della gioia più che del peccato. E non sono astemi, secondo la moda fanatica di certo fondamentalismo yankee che, grazie a Dio, qui non ha ancora attecchito, nemmeno tra gli evangelici. I veri cristiani sono alcolici! Ma non workhaolics… Ebbri nello spirito e nella carne. E poi Gesù trasformò l’acqua in vino, non il vino in acqua… “Amici, mangiate, bevete, inebriatevi d’amore!” È la bruttezza del fanatismo – la (contro)faccia laida della religione – a sporcare la bellezza della vera fede. Con l’ossessione del peccato e dell’Inferno. Il brutto e l’impossibile. Solo perché loro, in fondo, non hanno amore né grazia (con la maiuscola e la minuscola). E non hanno veramente vissuto, imprigionati come sono nelle loro piccolezze e ristrettezze laido-borghesi. E nella loro pseudo-scienza piccola piccola (a far da contraltare all’altra pseudo-scienza, quella laica, terra terra). E la vera Scienza, dov’è?. C’è, ma spesso latita. Vorrei tanto sentire più sermoni e omelie sul Paradiso e su Gesù e meno sull’Inferno e sulle ‘paranoie’ psico-patologiche di tanti predicatori, con o senza titolo (e tutto tritolo). Spesso l’Inferno che loro ti gettano addosso e in cui ti vogliono far arrostire è il loro inferno privato, intimo, quelle delle loro passioni imputridite, o congelate… L’inferno sono loro! Ricorda, il rigore raffredda l’amore. Anche Paolo aveva le sue cadute ‘fondamentaliste’, ma poi si rialzava…»

«Tu la fai facile. Ma, purtroppo, non è così. Non è questione di eccessi o di troppo zelo. È nella loro radice semitica, quella elohista, iahvista, deuteronomista e sacerdotale (ci dava dentro anche in teologia, la mora tutto pepe… Pepe Mora). Ma anche il pentecostalismo, di cui fai tanta reclame, anche se sembra più attento al visual, spesso scade in grossolanità. E poi anch’esso mi sembra ultra-castigato e acido come una verginella avanti negli anni. Rancido. Altro che fuoco giovanile, alla Amici. Voglio calore sulla mia pelle, voglio le fiamme, voglio scintille… Io, piuttosto, mi rifaccio al pensiero gnostico, di origine iraniana, secondo cui il bene e il male sono per necessità coesistenti nell’Urgrund ontologico cosmico. Zurvan, dio iranico, essenza e sostrato dell’universo, coordina l’intrecciarsi del bene e del male, entrambi necessari. Quest’ultimo, il male, che tu lo voglia o no, è l’immagine speculare del bene, la sua ‘ombra’ – Deus inversus est Daemon…»

Lo sguardo di Galatea si fece sempre più ammaliante. Dardi di luce, sprigionati da latebre infuocate (la dark lady aveva le sue segrete), colpirono Lorenzo, ma non ne frenarono la risposta, altrettanto infiammata. Light my fire.

«Ma anche la magia può essere ‘riconvertita’… Dio può trarre dal male il bene. Bene o male che sia, qui stiamo sul filo del rasoio – Lorenzo si grattò il mento a fior di barba (bastava un giorno e già raspava) –. Senz’altro saprai che Mary Daly, la teologa femminista ‘very hard’, non fa altro che esortare le donne a riconoscersi nella figura della Maga, in quanto incarna la presenza del potere femminile: “Lei è sostanza scintillante, presenza reale che riluce attraverso le apparenze … In termini mitici, nominare la Maga è nominare la Triplice Dea.” Archetipo che la chiesa cattolica si è appropriato – è un fatto riconosciuto dagli studiosi, non lo dico per amor di polemica – sotto forma di Maria (la ‘Madonna’: ben oltre la Maria dei Vangeli…) e che invece i protestanti hanno del tutto cancellato (o solo ‘rimosso’: è un archetipo abile nel ‘rivestirsi’ e ‘travestirsi’). Naturalmente, in un caso o nell’altro c’è stato un balletto di stereotipi femminili alternativi o compensativi: vergine, puttana, vittima, madre dolorosa... Stando alla Daly, e non solo a lei, per lo più le donne non sono affatto coscienti di recitare da una vita (dalla ‘fondazione del mondo’) questi ruoli, avendo perso il contatto con la ‘Maga’ o la ‘Dea’, ossia con queste energie del ‘profondo’ (o del ‘retroterra’). Energie divine ma tuttavia terrene, celesti eppur ‘nere’ (basti pensare alle ‘madonne nere’ sparse per l’Europa e l’America Latina: sempre lei Maria, l’Iside in piedi su una luna crescente – donna, madre, guaritrice, anche amante, garante delle leggi e della giustizia…).»

«Certo, sotto la maschera dei miti si rivela spesso il ‘volto’ della sempiterna potenza femminile: nel rammemorare e dare corpo al nostro passato come donne, scopriamo di avere molto in comune, al di là delle nostre rivalità, dato che, come ricorda la Daly – certo che la conosco… – “la nostra eredità primaria, pre-patriarcale, non è perduta, ma nascosta nel mare subliminale.” E noi siamo acqua in vasi fatti da altri. Dobbiamo essere noi il nostro stesso contenitore, da noi creato e plasmato. Celebranti, non più vittime! Ma non dobbiamo per questo perdere il nostro retaggio, anche se ordito da altri, dobbiamo solo cancellare quei ricordi registrati nella mente che interferiscono con il nostro quotidiano, quegli engrammi che contaminano il presente e futuro con la disseminazione di ansie, paure, angoscia, depressione e automatismi negativi in generale. Preformazioni del nostro passato che pure nascondono scintille rigeneratrici. Per nuove performance nel futuro, ma a partire da oggi. Solo, dobbiamo stare attenti ai ‘vampiri’ che ci succhiano energia (e Galatea era proprio una vamp…).

«“Se il cristianesimo è vero, allora tutta la filosofia è falsa.” Parole di Wittgenstein. “Il nuovo mondo prometeico non va oltre ciò che è caduco: non può offrire quel che garantivano le divinità.” Questo è Jünger. “Gli dèi risiedono nell’eternità, mentre i titani abitano nel tempo.” Questo lo dicevo io – ma l’avevo preso in prestito – quando danzavo con Nietzsche. Dance dance dance (Lorenzo, preso da una vampata di calore – il faccia a faccia con la vamp –, riportò a galla il John Travolta impomatato. Ma ora usa la lap/table dance alla Garofalo di Amici. Strip, trip, peep art… Ma a Lorenzo piaceva – lui era rimasto al palo…). Nondimeno, parole come Dio, trascendenza e sacro sono tornate a rifiorire. Questo mondo “aufs Nichts gestellt (posato sul nulla) ha bisogno di un appoggio e di uomini e donne alla ricerca delle parti perdute…»